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1.8.17

Abelardo ed Eloisa




Non avrei esitato, lo sa Dio, a seguirti o ad andare avanti su tua richiesta tra le fiamme dell'inferno. Il mio cuore non era in me ma con te, ed ora, ancora di più, se non è con te allora non è in nessun posto. Sinceramente, senza di te non può esistere.


The Letters of Abelard and Heloise - Letter 1. Heloise to Abelard


16.2.17

Sibilla Aleramo




[…] E ridiam pure, è di buon augurio.
Non siam mai stati tanto vicini come nei momenti in cui abbiamo riso assieme.
È questo fondamento di letizia, d’innocenza fra noi, che ci ha promesso cose grandi.
La mia spontaneità t’ha sorpreso e sedotto, la tua mi ha deliziata.
Ci siam piaciuti l’un l’altra con gli elementi più semplici, e questo è il simbolo più mirabile. Noi tendiamo, sì, a transumanarci, ma è la nostra umanità frattanto che agisce armoniosamente e ci avvince l’un l’altro.
Ti ricordi i miei occhi?
Ti ricordi le mie mani?
T’han detto, i miei occhi e le mie mani, ciò che tu sei
per me?

Sibilla Aleramo  - Amo dunque sono -  dalla lettera del 18 luglio






3.1.17

Eugenio Montale




«[…] io sono abituato a cibarmi di nuvole e di lontananza.»

– Dall'ultima lettera di Eugenio Montale ad Irma Brandeis




5.6.16

Franz Kafka



Quasi non oso leggere le lettere,
posso leggerle soltanto a intervalli,
non resisto al dolore della lettura.

- Franz Kafka - da Lettere a Milena



19.1.16

Anaïs Nin




Non sto tentando di trovare un sano equilibrio mentale
bensì la capacità di nascondere la mia follia”

- Anaïs Nina scrive a  Henry Miller - Glion-sur-Montreux, Svizzera - 1932  da Storia di una Passione

8.10.15

Gabriele d'Annunzio




"Tu sempre mi dici che vuoi confidarti e poi sempre ti chiudi. Mi fai molta pena. Comprendo la tua tristezza. Una cosa è morta, crudelmente, l'altra è viva. Bisogna che tu abbia il coraggio di liberarti d'ogni ingombro interiore e di attendere ogni benefizio della vita." 


-  Gabriele d’Annunzio in una lettera alla figlia Renata o “Cicciuzza”.


23.5.15

la puntura della solitudine






Cara,
[..] Io passo le giornate (gli anni) in quello stato d’attesa che a casa provavo certi pomeriggi dalle due e mezzo alle tre. Sempre, come il primo giorno, mi sveglia al mattino la puntura della solitudine. Descriverti le mie ansie è impossibile. La mia pena non è quella scritta, sei tu. Non scrivo tenerezze, il perché lo sappiamo; ma cerco il mio ultimo ricordo umano, è il 13 maggio. Ti ringrazio di tutti i pensieri che hai avuto per me. Io per te ne ho uno solo e non cessa mai. Tuo

Lettera di Cesare Pavese a Tina Pizzardo - 17 settembre 1935






17.4.15

lontano da te






E poi c’è la lettera della notte, non si capisce come la si possa leggere, non si capisce come il petto possa allargarsi abbastanza e contrarsi per respirare quest’aria, non si capisce come si possa essere lontano da te.


Franz Kafka - Lettere a Milena


12.4.15

Frida Kahlo - la mia notte mi strema





La mia notte mi strema.
Sa bene che mi manchi e tutta la sua oscurità non basta a nascondere quest’evidenza che brilla come una lama nel buio, la mia notte vorrebbe avere ali per volare fino a te, avvolgerti nel sonno e ricondurti a me.
Nel sonno mi sentiresti vicina e senza risvegliarti le tue braccia mi stringerebbero.
La mia notte non porta consiglio.
La mia notte pensa a te, come un sogno a occhi aperti.
La mia notte si intristisce e si perde.
La mia notte accentua la mia solitudine, tutte le solitudini.
Il suo silenzio ascolta solo le mie voci interiori.
La mia notte è lunga, lunga, lunga.
La mia notte avrebbe paura che il giorno non appaia più ma allo stesso tempo la mia notte teme la sua apparizione, perché il giorno è un giorno artificiale in cui ogni ora vale il doppio e senza di te non è più veramente vissuta.
La mia notte si chiede se il mio giorno somiglia alla mia notte.
Cosa che spiegherebbe la mia notte, perché tempo anche il giorno.
La mia notte ha voglia di vestirmi e di spingermi fuori per andare a cercare il mio uomo.
Ma la mia notte sa che ciò che chiamano follia, da ogni ordine, semina-disordine, è proibito.
La mia notte si chiede cosa non sia proibito.
Non è proibito fare corpo con lei, questo, lo sa, ma si irrita nel vedere una carne fare corpo con lei sul filo della disperazione.
Una carne non è fatta per sposare il nulla.
La mia notte ti ama fin nel suo intimo, e risuona anche del mio.
La mia notte si nutre di echi immaginari.
Essa, può farlo.
Io, fallisco.
La mia notte mi osserva.
Il suo sguardo è liscio e si insinua in ogni cosa.
La mia notte vorrebbe che tu fossi qui per insinuarsi anche dentro di te con tenerezza.
La mia notte ti aspetta.
Il mio corpo ti attende.
La mia notte vorrebbe che tu riposassi nell’incavo della mia spalla e che io riposassi nell’incavo della tua.
La mia notte vorrebbe essere spettatrice del mio e del tuo godimento, vederti e vedermi fremere di piacere.
La mia notte vorrebbe vedere i nostri sguardi e avere i nostri sguardi pieni di desiderio.
La mia notte vorrebbe tenere fra le mani ogni spasmo.
La mia notte diventerebbe dolce.
La mia notte si lamenta in silenzio della sua solitudine al ricordo di te.
La mia notte è lunga, lunga, lunga.
Perde la testa ma non può allontanare la tua immagine da me, non può dissipare il mio desiderio.
Sta morendo perché non sei qui e mi uccide.
La mia notte ti cerca continuamente.
Il mio corpo non riesce a concepire che qualche strada o una qualsiasi geografia ci separi.
Il mio corpo diventa pazzo di dolore di non poter riconoscere nel cuore della notte la tua figura o la tua ombra.
Il mio corpo vorrebbe abbracciarti nel sonno.
Il mio corpo vorrebbe dormire in piena notte e in quelle tenebre essere risvegliato al tuo abbraccio.
La mia notte urla e si strappa i veli, la mia notte si scontra con il proprio silenzio, ma il tuo corpo resta introvabile.
Mi manchi tanto, tanto.
Le tue parole.
Il tuo colore.
Fra poco si leverà il sole.

Città del Messico 12 settembre 1939. Mai spedita


Frida Kahlo

Lettera di Frida Kahlo a Diego Rivera



27.2.15

non scrivo tenerezze..








Cara,
[..] Io passo le giornate (gli anni) in quello stato d’attesa che a casa provavo certi pomeriggi dalle due e mezzo alle tre. Sempre, come il primo giorno, mi sveglia al mattino la puntura della solitudine. Descriverti le mie ansie è impossibile. La mia pena non è quella scritta, sei tu. Non scrivo tenerezze, il perché lo sappiamo; ma cerco il mio ultimo ricordo umano, è il 13 maggio. Ti ringrazio di tutti i pensieri che hai avuto per me. Io per te ne ho uno solo e non cessa mai. Tuo..

 

Lettera di Cesare Pavese a Tina Pizzardo, 17 settembre 1935












23.3.13

quelle lettere...










le storie d'amore difficili, sofferte. Gli amori non ricambiati. Il sublime nel formulare scritti, quando si tratta di due poeti...

Amalia Guglielminetti e Guido Gozzano.



Martedì  - 24 marzo 1908
Perché mi fate piangere, Guido, perché mi fate rimpiangere quel poco che v’ho dato di me?
Non dovevo venire con Voi quel giorno per soffrirne dopo, così, per vedermi tolta anche la piccola dolcezza di sentirvi qualche volta vicino.
E così poca cosa la vita e così breve per negarci qualche poco della sua bellezza per tormentarci volontariamente anche quella piccola parte di bene che ci concede?
Voi vi dite corazzato anzi insensibile ad ogni ferita. Io no, mio dolce Amico, o vi voglio bene e soffro crudelmente di sentirvi tanto lontano.
Mi pare di trovarmi più sola in quest’ombra grigia di banalità che ci circonda, sento d’aver smarrito qualche cosa di più leggero, di più chiaro, di più elevato, l’amico che mi comprende, il fratello che sogna i miei sogni e gioisce della mia gioia, la tenerezza che blandisce e riscalda il cuore.
Io non voglio che tu mi sfugga, Guido, io non voglio che tu mi segua di lontano come un estraneo, che tu mi riveda ancora un giorno lontano quando forse i miei capelli non saranno più tanto bruni e la mia bocca fresca e i miei occhi lucenti.
Lascia ch’io ti dica tu come un compagno, ch’io non senta fra noi il gelo di quella parola dura.
Io ti sono compagna ora senza tremori e senza fremiti, sorella della tua anima.
Io ti saprei baciare la fronte con un sorriso sereno come si bacia un bambino.
No, noi non abbiamo ancora sepolto nulla di noi stessi.
Io sono per te come il primo giorno che ti vidi, non sazia, né stanca, né oppressa dalla più piccola parte di te.
Sei nuovo e fresco al mio spirito come allora che m’eri ignoto.
Ogni tua parola è come una piccola luce che ti rischiara un momento
e ch’io guardo risplendere con gioia nuova ogni volta che tu parli.
E un senso strano ch’io non so dire, ma che non ho mai sentito per altri, una malia, quasi, che è credo, una occulta profonda fraternità, un oscuro legame spirituale che ci unisce anche nostro malgrado. Ma tu non provi questo fascino, lo so, poiché mi respingi dopo alcune ore di comune vita, mi allontani con un gesto che mi pare un urto di disdegno.
Forse io non sono stata con te, quel giorno, quella della tua attesa.
(Amalia Guglielminetti)


30 marzo 1908
Rileggo ogni giorno la tua lettera, mia buona Amalia, con una grande malinconia. E indugio nella risposta, preso da un’indolenza dolorosa: forse perché non so bene come dirti…Da molti giorni sono in casa ed ho l’anima morbosamente assopita, incerta di tutto come in un sogno. Penso a tante cose, sopra tutto, avvenire; e penso anche a te, con molta tenerezza e con molta serenità.Sento in fondo all’anima una specie di fiera tristezza, per aver saputo essere crudele con me e forse — perdonami — anche un po’ con te…Io provo una soddisfazione speciale quando rifiuto qualche bella felicità che m’offre il Destino. E quale felicità, Amica mia!Il nostro amore che sarebbe fiorito con tutti i fiori della primavera torinese! (così dolce per l’esule che ritorna!) anche la stagione sarebbe stata propizia alla nostra follia! E quanti mesi di serenità, di sole, di profumo! E quanti sogni! Avremmo voluto pellegrinare la nostra passione in tutti i dintorni favorevoli al sentimento: quanti sogni! Io li ho già sognati tutti e t’ho già vista in tutti: con a sfondo i paesi sconosciuti, le viuzze di provincia dove si sarebbe delineata al mio fianco la tua svelta parigina figura primaverile. Io non vedrò le tue vesti nuove. Sarò lontano, solo, con la mia ambizione taciturna: una compagna ben più crudele della tua malinconia… Perché non confessartelo, mia buona sorella? L’ambizione da qualche tempo mi artiglia in un modo atroce.Non sento non vedo non godo non soffro di altro.Come puoi tu, che pure hai tra le mani i germi di mille speranze e segni la stessa mia via, come puoi rivolgere ancora le forze della tua giovinezza verso altri destini? Per me, camminando diritto, con l'occhio fisso alla mia meta lontana (o quanto!) tutto è secondario e trascurabile: gioie e dolori: tutto, perfino la tua bellezza sulla quale mi sono chinato un istante, come su un fiore, al margine del sentiero, ma dalla quale mi separo tosto, perché arresterebbe di troppo il mio passo tranquillo…Ah! Se io potessi darti una parte soltanto di questo mio orgoglio latente, anche il dolore che tu dici di avere in te impallidirebbe e l’amore ti apparirebbe qual è: un inganno della giovinezza e un episodio trascurabile in un destino come il mio e come il tuo. E mai come in questi tempi che tale smania mi fa soffrire, ho avuto tanto disprezzo per le mie attitudini artistiche e ho tanto sentito la necessità di affinarle con lo studio, con la meditazione, col silenzio. Tu hai ancora l’avidità di cogliere fiori e di godere l’ora che passa: per me anche la lusinga del piacere mi è intollerabile come un ostacolo sul mio sentiero. Amalia, mio buon amico, quante di queste cose t’avrei detto e ti vorrei dire se tu non fossi giovine e bella!  Ma hai degli occhi luminosi ed una bocca tentatrice ed è impossibile starti vicino senza diventare irriverenti con te come con una crestaia od una cortigiana qualunque… Ho rilette queste sei pagine, amica mia: oimé! Parlo, parlo, e, sopra tutto, ragiono: quanto devo farti soffrire! E anche sdegnare. Perdonami.Perdonami. Ragiono, perché non amo: questa è la grande verità. Io non t’ho amata mai. E non t’avrei amata nemmeno restando qui, pur sotto il fascino quotidiano della tua persona magnifica; no: avrei goduto per qualche mese di quella piacevole vanità estetico-sentimentale che dà l’avere al proprio fianco una donna elegante ed ambita. Non altro. Già altre volte l’ho confessata la mia grande miseria: nessuna donna mai mi fece soffrire; non ho amato mai; con tutte non ho avuto che l’avidità del desiderio, prima, ed una mortale malinconia, dopo…Ora con te, che sei il più eletto spirito femminile ch’io abbia incontrato mai, e con te che dici di amarmi, sono stato sempre e voglio essere ancora sincero: non ti amo. E la risoluzione più leale da parte mia è il distacco. Partirei pur non dovendo partire. Invece il Destino è propizio: m’impone l’esiglio anche per altre cause ch’io tolgo a pretesto.Rivederci? A che scopo? Un colloquio di più nulla aggiungerebbe (o sottrarrebbe forse) alla fraterna benevolenza che noi dobbiamo portare l’uno dell’altro.
Addio, mia buona amica! Ti bacio.
(Guido Gozzano)






30 marzo 1908 – risposta immediata
Caro Amico, vi pensavo più buono di quanto vi dimostrate. Credevo di meritare almeno una parola di risposta se vi pareva troppa concessione accordarmi una visita come vi chiedevo. Un’amicizia come la nostra non deve morire così fra la vostra indifferenza inerte e la mia esasperata tristezza.Perché io non credo possibile per Voi e per me una fedeltà che resista alle lontananze e agli oblii. Siamo entrambi troppo egoisti per i culti essenzialmente spirituali. Mi costringete a mendicare dagli amici vostri le vostre notizie con parola leggera e anima febbrile.Mi costringete a mendicare da Voi una condiscendenza che non dovrebbe esservi grave.E mi è duro, sapete, curvarmi così. Vorrei parlarvi di cosa che non posso affidare a una lettera. V’aspetterò a casa mia mercoledì fra le quattro e le cinque, o, se preferite un luogo aperto, giovedì alle tre e mezza laggiù a’ piedi della collina dove già v’ho atteso una volta soffrendo.Non rispondetemi se vi pesa, ricordate solo ch’io v’aspetterò con intenso desiderio, e che vi prego di venire.
……………………….

Stamani io scrivevo questo mentre tu forse aggiungevi per me tristezza a tristezza nello otto pagine della tua lettera.
Non distruggo e non disdico il mio biglietto.
Ho troppa sete di te per saziarmi delle tue parole amare.
Non è vero ch’io abbia cose segrete a dirti, era una menzogna per indurti a venire.
Porta pure con te la tua ambizione, la tua freddezza, la diffidenza che hai verso di me.
Sarà meglio, forse mi guarirai; ma non inasprire ancora il mio male con un rifiuto.
Se anche non mi ami perché vuoi ch’io ti perda?
Perché vuoi farmi sentire così nera così crudele la mia solitudine, così completo il mio isolamento?
Ah! la gloria, Guido, come ne sogghigno!
Io non so come tu possa amare sognare darti a una così vacua cosa.
Io voglio più bene a te che alla gloria, quella non mi farà mai piangere né aspettare in ansia.
(Amalia Guglielminetti)



Poesia

Un addio

Folle è lasciarci, tutti accesi ancora
di desiderio, ancor pronti a godere
di tutto ciò che l'un dell'altro ignora.

La volontà che tiene prigioniere
le nostre giovinezze le flagella,
per farle in solitudine tacere.

Ma più le volge incitatrice a quella
gioia non mai gioita, che la morte
pur ci farebbe nel suo riso bella.

Più dolce sorte è la comune sorte :
darsi con umiltà l'un l'altro, ciechi.
Abbandonarsi al vortice più forte

e dirsi dopo un breve addio, senz'echi.

Amalia Guglielminetti



  
il quadro centrale è di A.Alciati - Il Convegno