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10.11.17
Virginia Woolf
Ma d'altra parte, mentre voi siete così diversi e cambiate mille volte a seconda delle idee e delle risate degli altri, io invece resterò sempre controcorrente.
- Virginia Woolf
24.10.15
Virginia Wolf
L'ostilità, l'indifferenza della gente è oppressiva. Ci guardiamo, constatiamo che non ci si conosce, ci si fissa, e poi via. Sguardi così sono frustate. Ci sento tutta la crudeltà e l'indifferenza del mondo.
- Virginia Wolf - Le onde
26.7.15
qualcosa che mi è sfuggito
Ma io sto ancora con la bocca spalancata, – disse Susan, – come un uccello appena nato, insoddisfatta, in attesa di qualcosa che mi è sfuggito.
Virginia Woolf - Le onde
4.7.15
Virginia Woolf
Ho pensato
a quanto spiacevole sia
essere chiusi fuori,
e ho pensato
a quanto sia peggio
essere chiusi dentro.
Virginia Woolf
21.5.15
entrerò in altre vite
Si dimenticherà di me…. Lascerà le mie lettere senza risposta…
Gli manderò delle poesie e lui, forse, risponderà con una cartolina. E’ per questo che mi piace… Gli proporrò degli incontri in una piazza, sotto l’orologio; aspetterò… non verrà… E’ per questo che mi piace…
Dimentico, quasi del tutto ignaro, uscirà dalla mia vita…
Ed io per quanto incredibile possa sembrare, entrerò in altre vite.
Virginia Woolf
17.5.15
Virginia Woolf
Virginia Woolf and Clive Bell on the beach at Studland Bay, Dorset, 1910 |
Come una nuvola attraversa il cielo, così il silenzio cade su Londra, e nell'anima. Ogni sforzo cessa. Il tempo sbatte stanco dall'albero maestro. Dove ci troviamo, ci fermiamo. Rigido, lo scheletro delle abitudini tiene su da solo la struttura umana.
Virginia Woolf - La signora Dalloway
15.3.15
Virginia Woolf
Virginia WoolfIo vedo ciò che ho di fronte. Questa sciarpa a pallini colore del vino. Il bicchiere. Il vasetto della mostarda. Il fiore. Mi piace quel che si tocca, si assaggia. Mi piace la pioggia quando diventa neve e si fa palpabile. Ed essendo impulsiva e più coraggiosa di voi, non tempero, perché non mi scotti, la bellezza. La ingoio tutta intera.
21.12.14
Virginia Woolf
Così quando mi siedo a questo tavolo con l’idea di plasmare con le mani la storia della mia vita e metterla davanti a te come una cosa finita, devo richiamare cose lontanissime, sprofondate, inabissate in questa o quella esistenza, divenute parte di essa; sogni, anche, e le cose che mi circondano e quegli abitanti, quei fantasmi solo per metà esprimibili, che stanno nei loro covi giorno e notte; e nel sonno si rivoltano, proferiscono grida confuse, e tirano fuori le loro dita di fantasmi e mi afferrano mentre cerco di scappare - ombre di gente che saremmo potuti essere, esistenze mai nate.
Virginia Woolf - Le onde
11.9.14
Wirginia Woolf
Quando vado rovistando nella mia mente
non trovo nobili sentimenti sull'essere compagne e uguali
e indurre il mondo a perseguire scopi più elevati.
Mi ritrovo a dire brevemente e prosaicamente
che essere se stesse
è più importante di qualunque altra cosa.
Virginia Woolf
1.7.14
Virginia Woolf
Virginia Woolf - da : La signora Dalloway
" Solo per un attimo; ma bastava.
Era una rivelazione improvvisa, una vampa di rossore che si prova a dominare, ma poi, quando prorompe, non si può che cedere di fronte al fatto che si espande, e ci si ritrova all’orlo estremo, in bilico, e si trema e si sente il mondo farsi dappresso, gravido di un qualche stupefacente significato, una pressione simile all’estasi, che spacca la crosta sottile, prorompe e si versa con un sollievo straordinario sui tagli e sulle piaghe..."
1.6.14
il volo della mente
Io conseguo un tipo diverso di bellezza,
raggiungo una simmetria
attraverso infinite discordanze,
mostrando tutte le tracce
del passaggio della mente per il mondo;
e alla fine ottengo una sorta d’insieme
fatto di frammenti vibranti;
questo mi pare il processo naturale,
il volo della mente.
Virginia Woolf
img : ❝ Donna pipistrello, Albert-Joseph Pénot (1870-1930) ❞
17.7.13
Virginia Woolf
Ho strappato via tutto maggio e giugno e venti giorni di luglio. Li ho strappati e appallottolati in modo che non esistano più, se non come un peso nel mio fianco. Rimangono solo otto giorni. Tra otto giorni scenderò dal treno e mi fermerò sul marciapiede alle sei e venticinque. Allora la mia libertà si spiegherà ampia, e tutte queste restrizioni che corrugano e aggrinzano - ore e ordine e disciplina, ed essere ora qua ora là al momento stabilito - voleranno in pezzi. Il giorno balzerà nel cielo, quando aprirò lo sportello della carrozza e vedrò mio padre col cappello vecchio e le ghette. Tremerò tutta. Scoppierò in lacrime. Poi, il giorno dopo, mi alzerò all’alba. Scapperò via dalla porta di cucina. Andrò a passeggiare nella brughiera. I grandi cavalli dei cavalieri fantasma tuoneranno dietro di me e si fermeranno a un tratto. Vedrò la rondine sfiorare l’erba. Mi getterò sull’argine di un fiume e guarderò i pesci sguisciare tra le canne. Gli aghi di pino mi si stamperanno nel palmo delle mani. Là mi aprirò e porterò alla luce tutto quello che ho fatto qui; qualcosa di duro. Perchè è cresciuta in me, attraverso le estati e gli inverni, sulle scale, nelle stanze da letto. Non voglio, come Jinny, essere ammirata. Non voglio che la gente, quando entro io, alzi gli occhi con ammirazione. Voglio donare, voglio che mi si doni, e voglio solitudine in cui svelare i miei possessi.
Le Onde
7.6.13
dalla balaustra del mondo
Perciò odio gli specchi che mi mostrano la mia vera faccia. Sola, piombo spesso nel nulla. Devo avanzare il piede furtivamente per non cadere giù nel nulla, dalla balaustra del mondo. Mi tocca sbatter la mano contro una porta per richiamarmi al senso di avere un corpo...
Donna allo specchio - Le onde
Virginia Woolf
3.5.13
La fascinazione dello stagno
Probabilmente
l’acqua era molto alta – di certo il fondo non si vedeva. Intorno ai
bordi c’erano ciuffi di giunchi tanto spessi che le loro immagini
riflesse creavano un’oscurità come l’oscurità di acque molto profonde.
Ma nel mezzo c’era qualcosa di bianco. La grande fattoria ad un miglio
di distanza era stata messa in vendita e qualche persona zelante, o
forse era lo scherzo di qualche ragazzino, aveva conficcato, su un
pezzo di tronco accanto allo stagno, uno dei cartelli che annunciavano
la vendita, con cavalli da tiro, attrezzi agricoli e giovenche. Il
centro dell’acqua rifletteva il cartello bianco e quando soffiava il
vento il centro dello stagno sembrava sventolare e incresparsi come un
telo steso ad asciugare. Si potevano seguire nell’acqua le linee dei
grossi caratteri rossi con cui era stampato Romford Mill. Nel verde che
si allargava in cerchi da una riva all’altra si vedeva un tocco di
rosso.
Ma se uno restava seduto tra i giunchi ad osservare lo stagno – gli stagni possiedono uno strano fascino – le lettere rosse e nere e la carta bianca sembravano appoggiate sulla superficie dell’acqua, mentre al di sotto si svolgeva una profonda vita sommersa simile alle elucubrazioni, agli arzigogoli della mente.
In molti dovevano essere venuti qui, da soli, nei giorni, nei secoli, a lasciar cadere i propri pensieri nell’acqua, a porre all’acqua domande, coma accade a noi in questa sera estiva.
Forse era quella la ragione del suo fascino – che custodiva nelle sue acque ogni genere di fantasie, lamentele, confidenze non scritte o pronunciate a voce alta, bensì allo stato liquido, galleggianti l’una sull’altra, quasi disincarnate.
Un pesce ci avrebbe nuotato in mezzo, per essere poi tagliato in due dall’amo di una canna; oppure la luna le avrebbe annullate con la sua grande piastra bianca.
Il fascino dello stagno consisteva nel contenere pensieri lasciati da persone che se ne erano andate e privi dei corpi i loro pensieri vagavano liberamente, cordiali e comunicativi, nello stagno collettivo.
Di tutti questi liquidi pensieri alcuni, per lo spazio di un istante, sembravano combaciare, formando persone riconoscibili.
E nello stagno si vedeva formato un viso rosso baffuto che vi si chinava sopra e lo beveva.
Venni qui nel 1851 dopo l’afa dell’Esposizione Universale. Vidi la regina inaugurarla. E la voce aveva dentro una risatina liquida, di agio, come se l’uomo si fosse tolto gli stivaletti dalla fascia elastica e avesse deposto il cilindro sul bordo dello stagno. Dio, che caldo faceva! E adesso è tutto finito, tutto distrutto, naturalmente, parevano dire i pensieri, ondeggiando tra le canne. Invece io ero una ragazza, cominciò a dire un altro pensiero, scivolando al di sopra del primo silenziosamente e compostamente, come pesci che non si intralciano. Una ragazza innamorata; venivamo qui dalla fattoria (il cartello della sua vendita si rifletteva sul pelo dell’acqua) nell’estate del 1662. I soldati dalla strada non ci videro mai. Faceva molto caldo; ci sdraiavamo qui. Giaceva nascosta fra le canne con il suo amante, ridendo nello stagno e lasciandosi scivolare dentro pensieri di amore eterno, di baci ardenti e di disperazione.
E io fui molto felice qui, disse un altro pensiero, facendo capolino vivacemente sopra la disperazione della ragazza (si era annegata). Venivo qui a pescare; non siamo mai riusciti a prendere la carpa gigante, ma una volta l’abbiamo vista – il giorno in cui Nelson combatté a Trafalgar. Parola mia, la vedemmo sotto il salice! Che mostro era! Dicono che non venne mai catturata.
Ahinoi, sospirò una voce, scivolando sopra la voce del ragazzo. Una voce così triste doveva provenire proprio dal fondo dello stagno. Risaliva da sotto le altre come fa un cucchiaio che solleva tutto quel che c’è in una tazza d’acqua. Era la voce che tutti volevamo ascoltare. Tutte le altre voci scivolarono dolcemente da una parte dello stagno per ascoltare la voce che sembrava così triste – che di sicuro doveva conoscere la ragione di tutto questo. E tutte volevano sapere.
Allora ci si avvicina allo stagno e si scostano le canne per vedere più giù, attraverso le immagini riflesse, attraverso i volti, attraverso le voci, fino nel fondo. Ma là, sotto l’uomo che era stato all’Esposizione e la ragazza che si era annegata e il ragazzino che aveva visto il pesce e la voce che gridava ahinoi, c’era pur sempre qualcosa d’altro. C’è sempre un altro volto, un’altra voce. Giungeva un pensiero e ricopriva l’altro. Perché sebbene vi siano momenti in cui sembrerebbe che un cucchiaio stia per sollevarci tutti alla luce del giorno, i nostri pensieri e desideri e confessioni e disillusioni, chissà come il cucchiaio scivola sempre giù e noi rifluiamo di nuovo oltre il bordo dentro lo stagno. E ancora una volta tutta la parte centrale viene ricoperta dal cartello che annuncia la vendita della fattoria di Romford Mill. Per questo forse ci piace tanto restare seduti a guardare gli stagni.
Ma se uno restava seduto tra i giunchi ad osservare lo stagno – gli stagni possiedono uno strano fascino – le lettere rosse e nere e la carta bianca sembravano appoggiate sulla superficie dell’acqua, mentre al di sotto si svolgeva una profonda vita sommersa simile alle elucubrazioni, agli arzigogoli della mente.
In molti dovevano essere venuti qui, da soli, nei giorni, nei secoli, a lasciar cadere i propri pensieri nell’acqua, a porre all’acqua domande, coma accade a noi in questa sera estiva.
Forse era quella la ragione del suo fascino – che custodiva nelle sue acque ogni genere di fantasie, lamentele, confidenze non scritte o pronunciate a voce alta, bensì allo stato liquido, galleggianti l’una sull’altra, quasi disincarnate.
Un pesce ci avrebbe nuotato in mezzo, per essere poi tagliato in due dall’amo di una canna; oppure la luna le avrebbe annullate con la sua grande piastra bianca.
Il fascino dello stagno consisteva nel contenere pensieri lasciati da persone che se ne erano andate e privi dei corpi i loro pensieri vagavano liberamente, cordiali e comunicativi, nello stagno collettivo.
Di tutti questi liquidi pensieri alcuni, per lo spazio di un istante, sembravano combaciare, formando persone riconoscibili.
E nello stagno si vedeva formato un viso rosso baffuto che vi si chinava sopra e lo beveva.
Venni qui nel 1851 dopo l’afa dell’Esposizione Universale. Vidi la regina inaugurarla. E la voce aveva dentro una risatina liquida, di agio, come se l’uomo si fosse tolto gli stivaletti dalla fascia elastica e avesse deposto il cilindro sul bordo dello stagno. Dio, che caldo faceva! E adesso è tutto finito, tutto distrutto, naturalmente, parevano dire i pensieri, ondeggiando tra le canne. Invece io ero una ragazza, cominciò a dire un altro pensiero, scivolando al di sopra del primo silenziosamente e compostamente, come pesci che non si intralciano. Una ragazza innamorata; venivamo qui dalla fattoria (il cartello della sua vendita si rifletteva sul pelo dell’acqua) nell’estate del 1662. I soldati dalla strada non ci videro mai. Faceva molto caldo; ci sdraiavamo qui. Giaceva nascosta fra le canne con il suo amante, ridendo nello stagno e lasciandosi scivolare dentro pensieri di amore eterno, di baci ardenti e di disperazione.
E io fui molto felice qui, disse un altro pensiero, facendo capolino vivacemente sopra la disperazione della ragazza (si era annegata). Venivo qui a pescare; non siamo mai riusciti a prendere la carpa gigante, ma una volta l’abbiamo vista – il giorno in cui Nelson combatté a Trafalgar. Parola mia, la vedemmo sotto il salice! Che mostro era! Dicono che non venne mai catturata.
Ahinoi, sospirò una voce, scivolando sopra la voce del ragazzo. Una voce così triste doveva provenire proprio dal fondo dello stagno. Risaliva da sotto le altre come fa un cucchiaio che solleva tutto quel che c’è in una tazza d’acqua. Era la voce che tutti volevamo ascoltare. Tutte le altre voci scivolarono dolcemente da una parte dello stagno per ascoltare la voce che sembrava così triste – che di sicuro doveva conoscere la ragione di tutto questo. E tutte volevano sapere.
Allora ci si avvicina allo stagno e si scostano le canne per vedere più giù, attraverso le immagini riflesse, attraverso i volti, attraverso le voci, fino nel fondo. Ma là, sotto l’uomo che era stato all’Esposizione e la ragazza che si era annegata e il ragazzino che aveva visto il pesce e la voce che gridava ahinoi, c’era pur sempre qualcosa d’altro. C’è sempre un altro volto, un’altra voce. Giungeva un pensiero e ricopriva l’altro. Perché sebbene vi siano momenti in cui sembrerebbe che un cucchiaio stia per sollevarci tutti alla luce del giorno, i nostri pensieri e desideri e confessioni e disillusioni, chissà come il cucchiaio scivola sempre giù e noi rifluiamo di nuovo oltre il bordo dentro lo stagno. E ancora una volta tutta la parte centrale viene ricoperta dal cartello che annuncia la vendita della fattoria di Romford Mill. Per questo forse ci piace tanto restare seduti a guardare gli stagni.
Virginia Woolf
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