24.4.13

O f e l i a

                                                                        O f e l i a 

è il personaggio che da sempre mi affascina. La traccia indelebile del passaggio dalla vita alla morte, attraverso l'abbandono nell'oblio dell'acqua. La dissolvenza della propria vita, entrando nella morte, cullando la fine...Oltre al fatto di rappresentare (almeno per me) il dramma più bello di Shakespeare, la conoscenza di tale personaggio, è stata riportata spesso ai miei occhi per mezzo di raffigurazioni pittoriche. La rappresentazione di Ofelia, datata sino ad oggi. Millais, Waterhouse, Dalì, Redon...e tanti, tanti altri. Mille stili, mille sfaccettature interpretative. E poi, evoca in me sempre nuovi versi. Nuovi pensieri. Tristemente e drammaticamente.



 
John Everett Millais - Ophelia - 1850





Alla corte del regno di Danimarca, viveva una bella fanciulla di nome Ofelia, figlia di Polonio, primo consigliere del re. Di lei si era innamorato il principe Amleto, figlio del re di Danimarca, morto da poco, e della regina Gertrude. Egli l'aveva corteggiata con molte lettere e le aveva inviato in dono un anello come pegno d'amore. Ofelia, aveva prestato fede alle sue dichiarazioni e, nonostante gli avvertimenti del padre, che non credeva alla sincerità di Amleto, ricambiava l'amore del principe. Ma all'improvviso il giovane Amleto cambiò; il suo comportamento divenne insensato, pieno di stranezze, a volte euforico e a volte malinconico.
I suoi discorsi, un tempo pieni di spirito e di ingegno, divennero oscuri e sconnessi. Tutta la corte di Danimarca preoccupata per quel brusco mutamento cominciò a parlare di follia. Nessuno però conosceva la verità. Amleto aveva scoperto che la morte di suo padre, non era stata causata dal morso di un serpente, come tutti credevano; era stata invece opera del fratello Claudio, che aveva in mente di sposare Gertrude e di succedergli al trono. A rivelargli la verità era stato proprio lo spettro di suo padre che gli aveva imposto di vendicarlo, facendogli giurare di uccidere Claudio. Per portare a termine i suoi piani di vendetta, senza però suscitare i sospetti, Amleto aveva deciso di simulare la follia e di comportarsi in modo bizzarro. Ofelia, però era all'oscuro delle reali intenzioni di Amleto, ed era quindi sconvolta dai cambiamenti del principe che aveva cominciato a trattarla con scortesia e durezza. La fanciulla perdonava queste offese, attribuendole non all'incostanza di carattere di Amleto, ma alla sua pazzia. Lui in realtà continuava ad amare Ofelia, ma aveva una vendetta da compiere e non poteva farsi distrarre dai riti galanti del corteggiamento. Nonostante tutto però, continuava ad alimentare le speranze alla fanciulla manifestandole i suoi sentimenti....
../..
Durante un colloquio con la madre Gertrude, Amleto uccise Polonio, il padre di Ofelia, che si era nascosto a spiarlo dietro un tendaggio. Il principe in realtà non aveva l'intenzione di uccidere il ministro, ma aveva creduto che a spiarlo fosse re Claudio. Ofelia, quando seppe che suo padre era morto per mano dell'uomo che amava, fu sconvolta al punto che la sua mente vacillò. Il suo comportamento divenne svagato e assente, i suoi gesti insensati. Cominciò a girare per le sale del palazzo reale, donando fiori alle altre dame di corte, e dicendo loro che erano per il funerale del suo amato padre. Prese a cantare canzoni d'amore e di morte e a cantilenare frasi senza senso.
Durante i suoi vagabondaggi, giunse presso un torrente nel quale si specchiava un salice imponente. Aveva raccolto nei campi margherite e ranuncoli e ne aveva fatto delle ghirlande. Le venne l'idea di adornare i rami dell'albero e cercò di arrampicarsi reggendosi sui rami sottili. Ma uno di questi si spezzò ed Ofelia cadde nel ruscello, tenendo ancora in grembo le ghirlande. Le sue ampie vesti rigonfie la tennero un po' a galla, mentre lei, invece di chiedere aiuto, cantilenava vecchie canzoni, come se fosse insensibile a ciò che le stava accadendo.
Non ci volle molto perché le sue vesti appesantite dall'acqua, la trascinassero sul fondo fangoso del torrente, spegnendo per sempre il suo canto melodioso.
chi ha dipinto questa Ofelia



Sull'acqua calma e nera dove dormon le stelle
La bianca Ofelia ondeggia come fosse un gran giglio,
Ondeggia lentamente, stesa nei lunghi veli...
- Dai boschi più lontani s'odon gridi di caccia.

Sono più di mille anni che la dolente Ofelia
Passa, bianco fantasma, sul lungo fiume nero.
Sono più di mille anni che la follia sua dolce
Mormora una romanza nel vento della sera.

Bacia i suoi seni il vento e dispiega in corolla
I grandi veli mossi lievemente dall'acqua;
Fremendo sempre piangono sulla sua spalla i salici,
Sull'ampia fronte in sogno s'inclina lieve il giunco.

Sfiorate, le ninfee le sospirano intorno;
Ella desta talvolta, nel sonno di un ontano,
Un nido da cui s'alza un breve fremer d'ali;
- Un canto misterioso scende dagli astri d'oro.




Pallida Ofelia, oh, bianca come la neve!
Tu moristi fanciulla, portata via da un fiume!
- I venti delle vette alte della Norvegia
Ti avevano parlato dell'aspra libertà;

E un soffio, scompigliando la tua chima fluente,
Al tuo spirito in sogno strani fruscii recava;
Il tuo cuore ascoltava il canto della Natura
Nei gemiti degli alberi, nei sospiri notturni;

E la voce dei mari folli, un rantolo immenso,
Il tuo seno spezzava, così dolce ed umano;
E un mattino d'aprile un cavaliere pallido,
povero folle, muto si sedette ai tuoi piedi.

Cielo! Amor! Libertà! Che sogno, o dolce Pazza!
Tu ti sciogliesti in lui come la neve al fuoco:
Le tue grandi visioni strozzavan la tua voce
- L'Infinito terribile smarrì il tuo sguardo blu!


- Ed il Poeta dice che ai raggi delle stelle
Vieni a cercar, la notte, i fiori che cogliesti,
E che ha visto sull'acqua, stesa nei lunghi veli,
La bianca Ofelia andare, bianca come un gran giglio. 

da l'Amleto di W. Shakespeare,

La tragedia di Amleto, la più lunga tra le opere di Shakespeare, rappresenta una svolta nello sviluppo spirituale ed artistico dell'autore soprattutto tramite dei dialoghi che raggiungono all'interno dell'opera un'intensità di significato difficilmente ripetuta in passato. Un'intensità dovuta soprattutto ai giochi di parole di Amleto, aventi sempre significati molteplici, che lo rendono probabilmente uno dei personaggi che meritano più attenzione all'interno del panorama teatrale.Le origini della storia sono avvolte nelle nebbie del passato. Si presume che il nome Amleto, di origine danese, provenga da un testo ("Belleforest' Histoires Tragiques", dal "Saxo Grammaticus' Historia Danica") pubblicato nel 1582. Questa tesi è avvalorata anche dalla presenza in questo testo di elementi come l'incesto, il fratricidio e di personaggi come Ofelia, Polonio, Orazio, Rosencrantz e Guildenstern, senza considerare inoltre il viaggio in Inghilterra.Comunque sia, la storia della vendetta di Amleto era già conosciuta alla corte della regina Elisabetta tramite un presunto lavoro perduto di Thomas Kyd, una tragedia ispirata a Seneca in cui gli elementi realistici dell'opera erano stati congiunti con elementi contemporanei di carattere sovrannaturale, come l'apparizione del fantasma o il caratteristico avvelenamento di cui il vecchio re Amleto è vittima.Gli antecedenti storici e le affinità concettuali non devono comunque oscurare la singolarità dell'opera di Shakespeare. Prima di tutto occorre notare la natura conflittuale dell'uomo, perfettamente rappresentata in quest'opera. Non appena la rappresentazione inizia, Amleto ha appena completato gli studi, è figlio di un grande re e suo diretto discendente al trono, e tutto ciò sembra esaltare la natura stessa dell'uomo, come si evince da uno dei suoi primi monologhi, in presenza di Rosencrantz e Guildenstern: "Che capolavoro è l'uomo! Nobile d'intelletto, dotato d'una illimitata varietà di talenti; esatto nella sua forma e in tutti i suoi atti; compiuta, ammirevole creazione: pari a un dio nella mente, e nell'azione a un angelo. Lui, la bellezza del mondo. Lui, la misura di ogni animata cosa!". Ma, in contrasto con quanto detto in precedenza, conclude con questa pessimista nota malinconica: "Ebbene, per me non è che una quintessenza di polvere. L'uomo non m'incanta".