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26.7.15

senza riserve nè ipocrisie





Lo so, sono la donna più discontinua del mondo. Tutto cambia dentro di me da un’ora all’altra. Il fatto è che seguo il mio istinto ed il mio cuore. Non mi curo di quel che sembro, mai. Sono così come la vita, le speranze, le delusioni, le gioie e le emozioni mi hanno fatta, senza riserve né ipocrisie.

— Anna Magnani



15.10.13

12.5.13

Coco Chanel








"...Non mi pento di nulla nella mia vita, eccetto di quello che non ho fatto..."



7.2.13

Marlene Dietrich




Fra le più belle icone del mondo cinematografico della prima metà del Novecento, la Dietrich fu un vero e proprio mito ed una diva, lasciando un'impronta immortale attraverso la sua recitazione, le sue immagini e l'interpretazione delle canzoni (arricchite da una ammaliante e sensuale voce). Un mix, raramente ripetuto dopo di lei, che è sufficiente a farla entrare nella leggenda dello show business quale modello di femme fatale per antonomasia.




Il suo mito nacque e si sviluppò in contrapposizione a quello della divina Greta Garbo, entrambe star di punta di due compagnie di produzione rivali.
Nacque a Schöneberg, oggi quartiere di Berlino, il 27 dicembre 1901, da Louis Erich Otto Dietrich (ufficiale militare prussiano) e da Elisabeth Josephine Felsing (figlia di un gioielliere), anche se lei stessa dichiarò più volte di essere nata nel 1904.

Dal 1907 al 1919 frequentò le scuole di Berlino e di Dessau: a quattro anni iniziò a studiare il francese, l'inglese, il violino e il pianoforte. A causa di uno strappo ai legamenti di un dito della mano fu costretta a interrompere lo studio della musica suonata e si diplomò come cantante all'Accademia di Berlino.

Nel 1922 iniziò a calcare i palcoscenici dei teatri di Berlino (Großes Schauspielhaus Berlin) e lavorò con il regista Max Reinhardt, ottenendo piccole parti in alcuni film muti.

Il 17 maggio 1923 sposò Rudolf Sieber, un aiuto regista, e un anno dopo nacque la figlia Maria Elisabeth. Nel 1929 arrivò la sua prima interpretazione da protagonista nel film Die Frau nach der man sich sehnt.

Nell'ottobre dello stesso anno firmò il contratto per interpretare il film che le diede la fama, L'angelo azzurro, con la regia di Josef von Sternberg, tratto da un romanzo di Heinrich Mann, fratello del più famoso Thomas.

In questo film, che è il primo film sonoro del cinema tedesco, la si vede sfoderare un tocco di perversa sensualità ed interpretare la famosa canzone Lola Lola. Le pellicola venne girata in versione multipla, in tedesco e in inglese. I costumi furono disegnati da lei stessa (in seguito saranno disegnati dal sarto Travis Banton). È in questo periodo che il regista Sternberg la convinse a farsi togliere quattro molari e la mise a dieta ferrea per darle un aspetto più "drammatico".

Il giorno dopo la prima de L'angelo azzurro, la stampa berlinese la proclamò una star, capace di mettere in secondo piano anche la prova recitativa del grande attore Emil Jannings, ma l'attrice in quel momento era già sul transatlantico che la portava in America.

Mentre il regista stava ancora montando la versione definitiva la Paramount, che distribuiva negli Stati Uniti L'angelo azzurro, il 29 gennaio 1930 telefonò alla nuova stella e le offrì un contratto settennale con uno stipendio iniziale di 500 dollari a settimana e aumenti fino a 3.500 al settimo anno. L'attrice accettò, ma riuscì ad inserire nel contratto una clausola accessoria importante, che si rivelerà onerosa per lo studio: quella di poter scegliere il regista dei suoi film, una condizione maturata per paura di perdere la collaborazione di von Sternberg.

Sul viaggio in transatlantico incontrò Travis Banton, il costumista con il quale collaborò sempre, con il quale aveva in comune l'ammirazione per Sternberg e una straordinaria resistenza fisica alla fatica. Fu in questo periodo che venne scattata la famosa foto di Marlene vestita da yachtman, scattata da Sternberg stesso, che venne diffusa dalla Paramount con la frase di lancio dell'immagine divistica di Marlene: "La donna che perfino le donne possono adorare". Il glamour di quella immagine spazzò via tutte le remore della Paramount che invano aveva tentato di proibirle di mostrarsi in pantaloni: a quell'epoca, indossare vestiti di foggia maschile per una donna, quando nessuna donna, in nessun caso indossava pantaloni, a meno di non voler sembrare uno sconvolgente androgino, era un atto ben più sovversivo di oggi.

Marlene Dietrich arrivò così a Hollywood il 2 aprile 1930, dove si rifugeranno presto anche alcuni tra i migliori attori, registi e tecnici del cinema tedesco dell'epoca, in fuga dal nazismo. La Paramount la mise in contrapposizione a Greta Garbo, la star scandinava della MGM. La diva tedesca aveva anche il dono del canto, il che le dava una carta in più nel cinema sonoro.

La Dietrich iniziò quindi a recitare in una serie di film memorabili girati dal suo regista di fiducia, Sternberg, e fotografata solo e soltanto da Rudolph Maté, che le creò quell'immagine di graffiante ma raffinata sensualità che la consegnò alla popolarità mondiale.

Il primo film americano fu Marocco, nello stesso 1930 (ottobre), nel quale cantava due canzoni e che le valse la nomination all'Oscar come migliore attrice. Marocco uscì negli Stati Uniti prima de L'angelo azzurro (dicembre 1930) e nel marzo 1931 arrivava nelle sale già Disonorata: in pochi mesi era già diventata una star cinematografica mondiale.

In Marocco restò famosa la sua performance canora vestita da uomo e il bacio con una donna del pubblico, il primo bacio omosessuale della storia del cinema.

Per Shanghai Express (1932) venne accoratamente studiato il suo look: vestiti neri che la snellissero e piume nere di gallo da combattimento. L'anno dopo Sternberg si rifiutò di dirigerla ne Il Cantico dei Cantici, ma le suggerì comunque di chiedere Rouben Mamoulian, cosa che lei fece puntualmente in virtù della sua libertà contrattuale in merito alla scelta dei registi.
La Dietrich canta per un soldato durante la seconda guerra mondiale

I film successivi più celebri sono tutti declinazioni su sfondo fantasiosamente esotico della sua immagine di diva, come era successo in Marocco: la Russia con L'imperatrice Caterina, la Spagna con Capriccio spagnolo (1935), che fu l'ultimo film nel quale collaborò con Sternberg. Per quest'ultimo film essa voleva dare una sfumatura mediterranea al personaggio di Conchita e cercò di scurirsi gli occhi, usando un collirio per dilatare le pupille. Non riuscendo però a muoversi sul set confessò a Sternberg la sua cattiva trovata ed egli la rassicurò: con un pezzo di carta che copriva una parte del riflettore che illuminava il suo primo piano riuscì a darle la sfumatura bruna cercata.

La professionalità e la determinazione della Dietrich sul set erano proverbiali. Con la disciplina essa pretendeva da se stessa un'interpretazione perfetta, che andasse a coprire qualche pecca sul profilo dell'interpretazione drammatica. In Capriccio spagnolo, ad esempio, Sternberg aveva ideato la scena di presentazione di un personaggio, con il primo piano di un palloncino che scoppia e mostra il volto della diva. Le venne richiesto di restare impassibile allo scoppio del palloncino, evitando il riflesso naturale di sbattere almeno le palpebre: essa si sottopose a prove estenuanti, ma alla fine riuscì ad eseguire, come sempre, la corretta performance.

Dopo sette anni di permanenza negli USA ottenne la cittadinanza. I suoi familiari la seguirono poi nell'avventura americana, anche se ormai viveva separata dal suo unico marito che conviveva con una sua ex-amica; del resto erano innumerevoli le avventure che si concedeva con amanti di ambo i sessi: la sua era una vita che molti definivano scandalosa. Nel 1934 arrivò a guadagnare 350.000 dollari l'anno, una cifra astronomica, che la rendevano una delle persone più ricche degli Stati Uniti. Quello stesso anno fece un viaggio in Europa.

Il rapporto con Sternberg era molto teso: entrambi si sfidavano continuamente e arrivavano ad aggredirsi verbalmente durante le riprese. La rottura definitiva avvenne nel 1935, soprattutto per volontà di lui. La sua immagine comunque restò ancorata a quella creata da Sternberg.

Con gli Stati Uniti collaborò tenendo spettacoli di intrattenimento per le truppe americane e portando la sua arte in Nord Africa e in Europa negli ospedali da campo: cantava - con indosso un'uniforme di sua creazione - la canzone pacifista Lili Marleen, che sarebbe poi diventata il suo inno.

Nel 1950 ricevette la Legion d'onore dal governo francese e, prima donna della storia, riceve la Medal of Freedom, massima onorificenza civile concessa negli Stati Uniti d'America.

Dal 1954, quando la carriera cinematografica era ormai declinata, su consiglio del commediografo Noel Coward, che ne fu l'organizzatore, si esibì in spettacoli in cui cantava le canzoni dei suoi film ed intratteneva il pubblico con monologhi estemporanei. Lo show fu portato in giro per tutto il mondo con grande successo e dietro lauti compensi. .../...