23.5.15

la puntura della solitudine






Cara,
[..] Io passo le giornate (gli anni) in quello stato d’attesa che a casa provavo certi pomeriggi dalle due e mezzo alle tre. Sempre, come il primo giorno, mi sveglia al mattino la puntura della solitudine. Descriverti le mie ansie è impossibile. La mia pena non è quella scritta, sei tu. Non scrivo tenerezze, il perché lo sappiamo; ma cerco il mio ultimo ricordo umano, è il 13 maggio. Ti ringrazio di tutti i pensieri che hai avuto per me. Io per te ne ho uno solo e non cessa mai. Tuo

Lettera di Cesare Pavese a Tina Pizzardo - 17 settembre 1935