Amor Fati
«Quando dal mio buio traboccherai
di schianto
in una cascata di sangue
navigherò con una rossa vela
per orridi silenzi
ai cratèri
della luce promessa»
13 maggio 1937
Amo
la delicatezza dei versi di Antonia Pozzi, carnali e sinceri. Vissuta
molto poco, perché si è tolta la vita a soli 26 anni. Qui inserirò
prevalentemente la poetica femminile, perchè prediligo di gran lunga i
versi di poetesse che con la loro sensibilità hanno lasciato un
patrimonio immenso. Il suicidio, purtroppo le accomuna, Ingeborg Bachmann, Marina Cvetaeva, Sylvia Plath o Virginia Woolf, e ancora Anne Sexton Sarah Kane.
Qui un piccolo stralcio da wikipedia che ne traccia la sua breve vita
Antonia
Pozzi nasce a Milano il 13 febbraio del 1912, figlia di Roberto,
importante avvocato milanese e della contessa Lina Cavagna Sangiuliani,
nipote di Tommaso Grossi, scrive le prime poesie ancora adolescente.
Studia ne liceo classico Manzoni di Milano, dove inizia con il suo
professore di latino e greco, Antonio Maria Cervi, una relazione che, a
causa dei pesanti ostacoli frapposti dalla famiglia Pozzi, verrà
interrotta da Cervi nel 1933, procurando ad Antonia la depressione - «e
tu sei entrata / nella strada del morire», scrive di sé in quell'anno -
che contribuirà a condurla al suicidio.
Nel
1930 si iscrive alla facoltà di filologia dell'Università statale di
Milano, frequentando coetanei quali Vittorio Sereni, suo amico fraterno,
Enzo Paci, Luciano Anceschi, Remo Cantoni, del quale sembra si
innamorasse non ricambiata, le lezioni del germanista Vincenzo Errante e
del docente di estetica Anconio Banfi, forse il più aperto e moderno
docente universitario italiano del tempo, col quale si laurea nel 1935
discutendo una tesi su Gustave Flaubert.
Con
una ragazza che frequentava il gruppo del professor Banfi, ebbe un
reciproco turbamento sensuale, e in una lettera a Sereni scrisse: «Mi ha
perfino detto che quando mi vede le viene una gran voglia di baciarmi
... non mi è mai capitata una faccenda simile e ti assicuro che non ci
capisco niente» Antonia in seguito "le dice di essere innamorata di lei,
decidono di recitare la parte delle fidanzate: si tengono per mano, si
baciano sulla bocca".
Tiene
un diario e scrive lettere che manifestano i suoi tanti interessi
culturali, coltiva la fotografia, lunghe escursioni in bicicletta,
progetta un romanzo storico sulla Lombardia, conosce il tedesco, il
francese e l’inglese, viaggia, pur brevemente, oltre che in Italia, in
Francia, Austria, Germani e Inghilterra, il suo luogo prediletto è la
settecentesca villa di famiglia, a Pasturo, ai piedi delle Grigne, nella
provincia di Lecco dove è la sua biblioteca e dove studia, scrive e
cerca un sollievo nel contatto con la natura solitaria e severa della
montagna. Di questi luoghi si trovano descrizioni, sfondi ed echi
espliciti nelle sue poesie; mai invece descrizioni degli eleganti
ambienti milanesi, che pure conosceva bene.
La
grande italianista Maria Corti che la conobbe all'università, disse che
«il suo spirito faceva pensare a quelle piante di montagna che possono
espandersi solo ai margini dei crepacci, sull'orlo degli abissi. Era
un'ipersensibile, dalla dolce angoscia creativa, ma insieme una donna
dal carattere forte e con una bella intelligenza filosofica; fu forse
preda innocente di una paranoica censura paterna su vita e poesie. Senza
dubbio fu in crisi con il chiuso ambiente religioso familiare. La terra
lombarda amatissima, la natura di piante e fiumi la consolava certo più
dei suoi simili».
Avvertiva
certamente il cupo clima politico italiano ed europeo: le leggi
razziali del 1938 colpirono alcuni dei suoi amici più cari: «forse l'età
delle parole è finita per sempre», scrisse quell'anno a Sereni.
Nel
suo biglietto di addio ai genitori scrisse di «disperazione mortale» e
si uccise con i barbiturici in una fredda sera di dicembre (del 1938)
nel prato antistante l'abbazia di Chiaravalle. La famiglia negò la
circostanza «scandalosa» del suicidio, attribuendo la morte a polmonite;
il suo testamento fu però distrutto dal padre, che manipolò anche le
sue poesie, scritte su quaderni e allora ancora tutte inedite; la storia
d'amore con Cervi venne falsamente descritta come una relazione
platonica.