28.1.13

Monmartre & Montparnasse





Apollinaire e i cubisti, Braque e Picasso, Utrillo e Valadon, Jarry e i primi surrealisti, Modigliani e Kandinskij, Gertrude Stein e Hemingway, Man Ray e Cocteau... Solo nella favolosa Parigi dei primi trent'anni del Novecento è stato possibile incontrare una tale varietà di artisti di genio. Ma era forse più facile rintracciarli ai tavolini di un bistrot, verso l'alba, che nei loro studi. Perché questi artisti non avevano solo un talento fuori del comune, erano soprattutto animati da una travolgente vitalità. Ad attrarli sulle due rive della Senna, nei mitici quartieri di Montmartre e Montparnasse, era la sete di vita e di libertà, erano il vino e le belle ragazze, le amicizie e il sogno della fama e della gloria, il sapore eccitante delle polemiche e delle rivalità. Franck racconta con piglio da romanziere le irripetibili vicende di personalità straordinarie, al tempo in cui Parigi era lo scenario di incontri e scontri che hanno segnato la cultura del XX secolo. E quando essere artista significava prima di tutto affrontare la vita con dissipata generosità.


Montmartre & Montparnasse



La Parigi degli anni Trenta (il volume si chiude con la caduta di Madrid nelle mani dei franchisti nel marzo ’39) in Libertad! L’amore e l’impegno, l’arte e la politica, i drammi e la leggerezza nella Parigi degli anni Trenta di Dan Franck (Garzanti, pagg. 373, euro 16); i suoi legami con le capitali d’Europa, in particolare Mosca e Madrid. Nella prima gli intellettuali si recarono a più riprese, Jacques Prévert e il gruppo Octobre nel 1934, André Gide ed altri (tra cui l’Eugène Dabit di Hôtel du Nord, che non ne tornerà) nel 1936, il giorno della morte di Gork’ij: e a poco a poco si rendono conto degli orrori del regime di Stalin, della persecuzione dissennata di scrittori e poeti. Vi incontrano un Pasternak smarrito che bussa alle porte dei potenti per ottenere la scarcerazione di Mandel’stam. Così, in Spagna, si ritrovano in molti, di ogni Paese, armi in pugno in difesa della libertà: André Malraux e la sua mirabolante squadriglia aerea, Blaise Cendrars, Robert Capa e Hemingway, Saint-Exupéry detto Saint-Ex, Picasso.
La Parigi, dunque, degli intellettuali impegnati politicamente, delle lotte in nome della giustizia, della verità e del bene; che sovente coincide con un credo letterario e poetico, con la fiducia cieca nel potere eversivo della parola, nella sua capacità di riformare il mondo, o almeno di far sì che non tutto passi invano. Queste e molte altre cose nel grande affresco di un periodo e dei personaggi che lo animano. Franck non è del resto nuovo a tal genere di lavori di ampio respiro: già ci aveva dilettato col suo Montmartre & Montparnasse. La favolosa Parigi d’inizio secolo (Garzanti, 2004), egualmente frutto del suo profondo e documentatissimo amore per la Città delle Città.
Scrittori, pittori, fotografi, di varie nazionalità e ambienti, si incontrano (di passaggio o per loro più stabile dimora) nei caffè e nelle dimore parigine, la Brasserie Lipp in Saint-Germain, gli stambugi da bohémiens o gli appartamenti lussuosi, case che divengono veri propri foyers delle muse, come quella di André Gide in rue Vaneau («Il Vaneau» come lo chiamano gli amici), con vista sulla Tour Eiffel e la cupola d’oro degli Invalidi; o la rue du Château, nel quartiere di Montparnasse, «antro dei surrealisti»; o i corridoi di casa Gallimard, dove s’incrocia tutta l’intellighenzia europea, si stringono solide amicizie, s’intrecciano amori.
Il libro si configura anche come una mappa della Parigi letteraria, la geografia di una generazione multiforme e geniale. La narrazione segue da presso alcuni personaggi principali, ai quali si affiancano i comprimari, chi ne segue il cammino per un tempo; o si accende a tratti di luci tanto intense quanto fugaci, creature che paiono fragilissime eppure lasciano una traccia indelebile in chi li ha conosciuti: René Crevel, il poeta del gruppo surrealista condannato dalla tubercolosi, che semplicemente, un giorno, dimentica di accendere la fiamma sotto il becco del gas aperto; o la giovanissima Gerda Taro, la compagna di Capa, indomita fotografa di guerra, una biondina dal fisico esile e nervoso, sempre in prima linea nella Spagna devastata dalla guerra civile, che corre tra le trincee, gli ospedali da campo, s’inerpica sui carri carichi di soldati moribondi: una volta di troppo.
Perché Franck ama seguire la sua storia anche per via femminile, attraverso le molte donne per le quali scrittori e poeti sembra abbiano perduto la testa, non di rado le stesse per alcuni di essi: compagne e ninfe egerie, donne fatali o caste compagne di un’intera esistenza, come Elisabeth Van Rysselberghe, la «piccola Signora» di Gide. Ma c’è anche la famosa Nadjia, solitaria sibilla metropolitana che i surrealisti avevano preso a simbolo vivente dei loro procedimenti poetici, perfetta incarnazione di quel «genio libero» il cui avvento tanto auspicavano: Nadjia che legge nei segni, che piange leggendo Jarry, che recita versi in trance. E ancora Elsa Triolet, russa amica di Majakovskij e «miglior viatico» per l’innamorato Louis Aragon nella Russia comunista; e la Colette Peignot di Georges Bataille; la Consuelo di Saint-Ex, che ne ottiene il primo bacio in volo, minacciando un triplice giro della morte se non gli avesse ceduto; e naturalmente Gala, un intero universo per il suo Dalí.