25.3.12

Karen Boye


img Violise Lunn




Quieta voglio ringraziare il mio destino:
mai ti perdo del tutto
Come una perla cresce nella conchiglia,
così dentro di me
germoglia dolcemente il tuo essere bagnato di rugiada.
Se infine un giorno ti dimenticassi –
allora sarai tu sangue del mio sangue
allora sarai tu una cosa sola con me -
lo vogliano gli dei



Karen Boye  - Ricordo
 

16.3.12

Stéphane Mallarmé






La mia anima sale, o placida sorella,
Al cielo errante della tua angelica pupilla
E alla tua fronte, dove, giuncato di rossore,
Sogna un autunno, come nell’antico pallore
D’un parco un getto d’acqua sospira su all’Azzurro!
- Verso il tenero Azzurro d’Ottobre mite e puro
Che guarda in grandi vasche la sua malinconia
E lascia, su acque morte, dove, fulva agonia
Le foglie errano al vento tracciando un freddo viaggio,
Il sole trascinarsi giallo col lungo raggio.




Stéphane Mallarmé - Sospiro

13.3.12

Milan Kundera




Desiderava fare qualcosa che non lasciasse possibilità di ritorno. Desiderava distruggere brutalmente tutto il passato dei suoi ultimi sette anni. Era la vertigine. L’ottenebrante, irresistibile desiderio di cadere. La vertigine potremmo anche chiamarla ebbrezza della debolezza. Ci si rende conto della propria debolezza e invece di resisterle, ci si vuole abbandonare a essa. Ci si ubriaca della propria debolezza, si vuole essere ancor più deboli, si vuole cadere in mezzo alla strada, davanti a tutti, si vuole stare in basso, ancora più in basso.

  



Milan Kundera - L’insostenibile leggerezza dell’essere











12.3.12

John Donne









Rimandami i miei occhi vagabondi,
che troppo son rimasti su di te,
ma se da te hanno appreso qualche vizio,
affettazioni, false passioni,
e me li hai resi buoni a distinguere
più un accidente, allora tienli pure.

Rimandami anche il cuore mio innocente,
che non aveva macchia di bassezza,
ma se dal tuo dovesse aver appreso
a far giochetti scuse e trucchetti,
a imbrogliare parole e impegni
tientelo pure: non è roba mia.

Ma sì, mandami indietro cuore ed occhi,
ch’io sappia e veda quanto sei bugiarda,
e goda e rida mentre tu ti stai struggendo
e tormentando per qualcun’altro
che non ti fila, o si dimostra falso come te.






6.3.12

tutta l'acqua della mia vita









Mi sono messa a immaginare come mi sarebbe piaciuto vivere quel momento. Mi sarebbe piaciuto essere piena di gioia, curiosa, felice. Vivere intensamente ogni istante, dissetarmi con l'acqua della vita. Avere di nuovo fiducia nei sogni. Essere capace di lottare per ciò che desideravo. Avere un uomo che mi amava.
Si, era davvero questa la donna che avrei voluto essere e che, all'improvviso, compariva e si trasformava in me.
Ho sentito la mia anima inondata della luce di un Dio, o di una Dea, in cui non credevo più. E ho percepito che, in quel momento, l'Altra abbandonava il mio corpo e si sedeva in un angolo della piccola camera. Io guardavo la donna che ero stata sino ad allora: era debole, ma fingeva di essere forte. Aveva paura di tutto, ma diceva a se stessa che non si trattava di paura, bensì della saggezza di chi conosce la realtà. Costruiva pareti intorno alle finestre da cui penetrava la gioia del sole, affinché i suoi mobili non si sbiadissero.
Ho visto l'Altra seduta nell'angolo della camera, fragile, stanca, delusa. Controllava e schiavizzava quello che avrebbe dovuto essere sempre libero: i sentimenti. Tentava di giudicare l'amore futuro in base alla sofferenza passata.
L'amore è sempre nuovo. Non importa che amiamo una, due, dieci volte nella vita: ci troviamo sempre davanti a una situazione che non conosciamo. L'amore può condurci all'inferno o al paradiso, comunque ci porta sempre in qualche luogo. È necessario accettarlo, perché esso è ciò che alimenta la nostra esistenza. Se non lo accettiamo, moriremo di fame pur vedendo i rami dell'albero della vita carichi di frutti: non avremo il coraggio di tendere la mano e di coglierli. È necessario cercare l'amore là dove si trova, anche se ciò potrebbe significare ore, giorni, settimane di delusione e tristezza.
Perché, nel momento in cui partiamo in cerca dell'amore, anche l'amore muove per venirci incontro.
E ci salva.


Paulo Coelho - sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto




18.2.12

Paul Celan




"Orientata su di te la mia anima ti sente tumultuare temporalesca, nella fossetta del tuo collo la mia stella apprende come si sprofonda e ci s'invera, io la ripesco con le dita - vieni, spiegati con lei, oggi stesso".

Paul Celan

10.2.12

J. Luis Borges



Per quanto sembri strano, non sospettò mai la verità; questa lo illuminò di colpo. Comprese che non poteva ricordare le forme, i suoni e i colori dei sogni; non c’erano forme, colori né suoni, e non erano sogni.


J. Luis Borges - da Elogio dell'Ombra - J. Luis Borges




29.1.12

Edith Minturn Sedgwick



Era una ragazza bella e fragile, la cui vita ha incrociato quella di Andy Warhol: la sua storia è raccontata nel film "Factory Girl" (2006, di George Hickenlooper). Edith Minturn Sedgwick nasce il 20 aprile 1943 a Santa Barbara (California, USA) da una famiglia aristocratica di antiche radici. Settima di otto figli, trascorre un'infanzia segnata da episodi tragici, negli spazi estesi dei ranch californiani, da "animale selvaggio", braccata e disperata. Il padre Francis Minturn Sedgwick, è un individuo sofferente di psicosi maniaco-depressiva e fobie; la madre Alice Delano de Forest è una donna debole, priva di autorità. Edie viene ripetutamente molestata dal padre ("mi perseguita dall'età di nove anni", ricorderà nel suo ultimo film girato: "Ciao! Manhattan") ed i suoi fratelli non sfuggono alla stessa sorte. Il fratello Minty, alcolizzato già a quindici anni, viene ricoverato all'ospedale psichiatrico Manhattan State perché sorpreso a Central Park a recitare un discorso a una folla inesistente. Ventiseienne, si ucciderà impiccandosi.
L'altro fratello Bobby, affetto da problemi psichiatrici, muore in bicicletta travolto da un autobus. Edie è ricoverata per la prima volta nel 1962 in seguito a una forma di anoressia. L'anno dopo raggiunge Cambridge dove per tre volte alla settimana è in cura da uno psichiatra, mentre frequenta i giovani più brillanti dell'università e studia scultura. Nel corso della sua breve vita Edie rapprsenta l'incarnazione della New York degli anni Sessanta, il simbolo dell'eccesso, del divertimento e della pop art. Per alcuni è l'alter ego femminile di Andy Warhol, ma è anche molto di più: è l'emanazione dell'idea warholiana di arte.


https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAj4wNw8_AJrpZ2Dpte7-4mm2WHrdVLsKxLjlCc-jCxLJ5sM6v8lK_dhU79Z9WrIUS-EV88cArnZjd9uOKt5JRYQmXw_tSTJnjSOIJk6wla0EsGTvLrGtGa8jgHL4_CCsOUabMc3VjHbI/s1600/Edie-Sedgwick.jpg





Una "cosa" carina, elegante, colorata, forse un po' stolta, di durata breve ma di sicuro effetto. Edie è la pop-art: appena uscita, brillante debuttante, appare su tutti i giornali e ispira canzoni, abiti e film. Una nullità, una ragazzina viziata priva di carattere, un'anoressica, una drogata, una ninfomane, un bluff, priva di talento e di cultura ma allo stesso tempo diva, attrice, ballerina. In una parola: una superstar, anzi la Superstar. Più che riportare la vita dettagliata di Edie per conoscerla veramente bene si potrebbero raccogliere le migliaia di testimonianze slegate che si riuniscono come le tessere di un puzzle. Di lei parlano tutti: John Cage, Truman Capote, Patti Smith, Lou Reed, Bob Dylan, Gregory Corso, Allen Ginsberg, Jasper Jones, Roy Lichtenstein, Norman Mailer, George Segal, Gore Vidal, e ovviamente Andy Warhol. .../...

Marina Cvetaeva


 

Persona di sentimenti, nell'assenza mi trasformo in creatura di passioni, giacchè la mia anima è passionale, e l'Assenza è il paese dell'Anima




Marina Cvetaeva - Paese dell'anima 







16.1.12

W. Szymborska




Una vita all'istante.
Spettacolo senza prove.
Corpo senza modifiche.
Testa senza riflessione.
Non conosco la parte che recito.
So solo che è la mia, non mutabile ....






W. Szymborska - estratto da 'Una vita all'istante'  W. Szymborska







15.1.12

Non t'amo più





Non t'amo più... È un finale banale.
Banale come la vita, banale come la morte.
Spezzerò la corda di questa crudele romanza,
farò a pezzi la chitarra: ancora la commedia perché recitare!

Al cucciolo soltanto, a questo mostriciattolo peloso, non è dato capire
perché ti dai tanta pena e perché io faccio altrettanto.
Lo lascio entrare da me, e raschia la tua porta,
lo lasci passare tu, e raschia la mia porta,

C'è da impazzire, con questo dimenio continuo...
O cane sentimentalone, non sei che un giovanotto...
Ma io non cederò al sentimentalismo.
Prolungar la fine equivale a continuare una tortura.

Il sentimentalismo non è una debolezza, ma un crimine
quando di nuovo ti impietosisci, di nuovo prometti
e provi, con sforzo, a mettere in scena un dramma
dal titolo ottuso "Un amore salvato".

È fin dall'inizio che bisogna difendere l'amore
dai “mai” ardenti e dagli ingenui “per sempre!”.
E i treni ci gridavano: “Non si deve promettere”.
E i fili fischiavano “Non si deve promettere!”.

I rami che s'incrinavano e il cielo annerito dal fumo
ci avvertivano, ignoranti presuntuosi,
che è ignoranza l'ottimismo totale,
che per la speranza c'è più posto senza grandi speranze.

È meno crudele agire con sensatezza e giudiziosamente soppesare gli anelli
prima di infilarseli, secondo il principio dei penitenti incatenati.
E' meglio non promettere il cielo e dare almeno la terra,
non impegnarsi fino alla morte, ma offrire almeno l'amore d'un momento.

È meno crudele non ripetere “ti amo”, quando tu ami.
È terribile dopo, da quelle stesse labbra
sentire un suono vuoto, la menzogna, la beffa, la volgarità
quando il mondo falsamente pieno, apparirà falsamente vuoto.

Non bisogna promettere... L'amore è inattuabile.
Perché condurre all'inganno, come a nozze?
La visione è bella finché non svanisce.
È meno crudele non amare, quando dopo viene la fine.

Guaisce come impazzito il nostro povero cane,
raspando con la zampa ora la mia, ora la tua porta.
Non ti chiedo perdono per non amarti più.
Perdonami d'averti amato.



Evgenij A. Evtusenko da “Ecco quel che mi succede”, 1966






5.1.12

ho perso sempre io































Sappiate che la posta
di ogni mio gioco
sono sempre stata io stessa:
fino all'immortalità della mia anima.
E ho perso sempre io

 

Marina Cvetaeva





3.1.12

primo sguardo





L’ho compreso lentamente.
Ti fa bello la mia vicinanza,
il guardarti che guardi me,
e specchi,
e rialzi il tiro,
e chiedi,
e poi taci,
e mi tocchi non toccandomi.
E’ l’assoluzione mistica
delle retrovie e le sue evocazioni sbavate,
la luce corrotta da mano e dei passi.
L’ho visto,
t’ho visto,
si diventa ciò che si ha accanto,
si finisce col reincarnare ciò che si ha accanto.
Ma non sempre la volontà decide la strada,
non sempre accade e suona male
la mano, l’abbraccio, l’altezza.
Ma io ho capito d’amarti,
quando il mio dare
ti faceva bello, senza misura,
e la mia assenza ti faceva uguale al mondo.
Ho compreso e ti ho tenuto stretto tra i denti,
gustando con la lingua il volto senza strade
di una nera resurrezione.

Irene Ester Leo
"Io innalzo fiammiferi"



img © I. Kramskoj - sconosciuta 1883

31.12.11

macigni






V'è un muro bianco,
obliquo al cielo,
sopra il quale il cielo si ricrea infinito,
verde, assolutamente intoccabile.
Gli angeli vi nuotano,
e le stelle, anche loro indifferenti.
Sono il mio medium.



Sylvia Plath












 





Karen Boye - disperatamente
















Tu mia disperazione e mia forza,
tu mi prendesti tutta la vita che ho avuto,
e poichè esigevi tutto
mi rendesti a migliaia.

Karen Boye