19.4.13

Victoria Ocampo a Rabindranath Tagore


Victoria Ocampo a Rabindranath Tagore



San Isidro, 6 gennaio 1925

Caro Gurudev, ieri sono andata a casa tua - Miralrio. Lo ammetto, non è stata una cosa molto saggia. Il tramonto faceva capolino sopra la scala e sapevo che mi stava aspettando nella tua stanza vuota.
Uno spaventoso senso di solitudine mi ha perseguita da quando ho lasciato te e la Giulio Cesare, e speravo di raccogliere alcune briciole della mia recente felicità nella casa dove avrei vissuto. Ma le cose non possono confortare. Rendono tutto peggio. Mi nacque nel cuore un tale desiderio di te, una tale nostalgia ( che non poteva essere placata ) per tutto quello che avevo avuto e che avevo perso, che non potei sopportarlo. Il vuoto del mio cuore si ripeteva nei muri, negli alberi, nel fiume e nel cielo. Non c'era vita da nessuna parte. E poi, come per ridere di me per contrasto, sopravvenne un vivido ricordo di vita, di te, nella casa e nel giardino.Fugii come una codarda, ma la desolazione non mi abbandonava. Mi segui passo passo. Invano ho tentato di immaginare che non te ne eri realmente andato. Non è servito.
In questo mortale senso di solitudine volevo pietà e pietà non venne da nessuna parte.
Spero di uscire da questa nuvola di disperazione. So che è sbagliato essere incapaci di pensieri se non dolorosi.: Ma se sapessi tutto quello che significhi per me, scuseresti la mia debolezza.
Ho cominciato a tradurre Red Oleanders. Ieri ho ricevuto una lettera dal mio amico Rostan, il professore francese. Mi chiede di scivere alcuni saggi sulla letteratura spagnola contemporanea ( in francese naturalmente ) , perchè in Francia la letteratura spagnola contemporanea è poco conosciuta. Gli ho risposto che Red Oleanders è il mio solo pensiero, ora, e che deve essere molto severo nel giudicare la mia traduzione. Mi piacerebbe che tu lo incontrassi presto. Quando la mia traduzione sarà finita gli chiederò di scriverti e di dirti quello che pensa e se gli piace o no.


Caro Gurudev, che sfortuna non essere potuta venire in Europa con te, ora. Che grande sfortuna ! Spero che qualche beneficio ne deriverà e che sarò portata dal mio attuale stato di infelicità a fare qualche lavoro non completamente indegno e che l'amore che riempe il mio cuore fino a scoppiare mi aiuti.
Per tutto quello che mi hai dato, non sarò mai capace di spiegarti quanto veramente grata io ti sono.
Bacio le tue mani, Gurudev.
Vijaya





Prima di incontrarlo, Victoria Ocampo 1890-1979, conosceva già gli scritti di Tagore. e l'incontro segna solo il momento in cui si innamorerà di lui. Ne seguirà la vita e le opere fino alla sua scomparsa.


18.4.13

Franz Kafka


"...Amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui frugo dentro me stesso..."

Franz Kafka - a Milena




Prima di Milena ci furono altre donne nella vita di Kafka, ma nessun'altra riuscì a scandagliare così in profondità l'animo di un uomo costretto all'ascesi non per vocazione o come scelta di un atto eroico, bensì per la sua incapacità di scendere a compromessi. Queste Lettere a Milena sono la cronistoria di un amore complesso, profondo e che già prima di iniziare sembrava destinato a finire.

Alda Merini







Io sono la tua carne, la carne eletta del tuo spirito. Non potrai mai visitarmi nel giorno prima che il puro lavacro del sogno mi abbia incenerita per restituirmi a te in pagine di poesia, in sospiri di lunga attesa. Temo per il mio dolore, come se la tua dolcezza potesse farlo morire e privarmi cosi' di quel paesaggio misterioso che sono i ricordi. Sono piena di riti e della logica dei ricordi che viene dopo, quando si affaccia alla mia vita il rendiconto della verita' giornaliera, il sogno affogato nell'acqua. Sono misteriosa come tutti, ogni mio movimento è un miracolo e tu lo sai, ma il grande passo che io posso fare è quello di venire da te (un viaggio infinito senza ristoro, forse un viaggio che mi porterebbe a morire perchè io sono il canto e la lunga strada). 


 Il canto muore, va a morire nelle viscere della terra perche' io sono la misura del tuo grande spettacolo di uomo; sono lo spettatore vivo delle tue rimembranze ma anche l'insetto, l'animale che sogna e che divora. Prima della poesia viene la pace,un lago sempiterno e pieno sopra il quale non passa nulla,neanche un veliero;prima della poesia viene la morte, qualche cosa che balza e rimbalza sopra le acque; Il lungo cammino di una folla di genio e di milizia che porta lontano,ma io e te siamo solicome se fossimo stati creati primi e per la prima volta; Io e te siamo riemersi dal fango della folla e giornalmente tentiamo di rimanere soli in questa risma di carte che è il grande spettacolo dei vivi. Io e te siamo esangui, senza voglia di finire questo incantesimo. Incolori e indomiti,siamo soli nel limbo del nostro piacere perchè io e te siamo pieni di amore carnale, io e te.


La carne e il sospiro

16.4.13

Alda Merini





Man Ray - Venere restaurata





A tutte le donne
Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d’amore.








12.4.13

Stéphane Mallarmé







La mia anima sale, o placida sorella,
Al cielo errante della tua angelica pupilla
E alla tua fronte, dove, giuncato di rossore,
Sogna un autunno, come nell’antico pallore
D’un parco un getto d’acqua sospira su all’Azzurro!
- Verso il tenero Azzurro d’Ottobre mite e puro
Che guarda in grandi vasche la sua malinconia
E lascia, su acque morte, dove, fulva agonia
Le foglie errano al vento tracciando un freddo viaggio,
Il sole trascinarsi giallo col lungo raggio.




Sospiro

11.4.13

Marguerite Duras



girl in black- E.Schiele




Un'ultima frase, dice l'attore, sarebbe stata detta prima del silenzio. Presumibilmente, sarebbe stata detta da lei, per lui, durante l'ultima notte del loro amore. Si sarebbe riferita all'emozione che si prova a volte nel riconoscere ciò che non si conosce ancora, all'impaccio in cui ci si trova nel non poter esprimere questo impaccio a causa della sproporzione delle parole, della loro povertà davanti all'enormità del dolore.

Occhi blu capelli neri 

Marceline Desbordes -Valmore









Non scrivere. Sono triste, e vorrei spegnermi
Le belle estati senza di te, sono come una notte senza una luce
Ho richiuso le mie braccia, non possono raggiungerti,
e bussare al mio cuore è come bussare su una tomba.
Non scrivere!
Non scrivere. Impariamo a morire per noi stessi.
Non chiedo che a Dio, che a te, se ti amavo!
Nel profondo della tua assenza, ascoltare che tu mi ami
è comprendere il cielo senza mai salirci.
Non scrivere!
Non scrivere. Ho paura di te, ho paura della mia memoria:
ha conservato la tua voce che spesso mi chiama.
Non mostrare la acque di fonte a chi non la può bere.
Una cara scrittura è un ritratto vivente.
Non scrivere!
Non scrivere quelle dolci parole che non oso più leggere:
sembra che la tua voce le versi sul mio cuore;
che le veda bruciare attraverso il tuo sorriso;
sembra che un bacio le imprima sul mio cuore.
Non scrivere!



Marceline Desbordes -Valmore - Gli amanti separati

Cesare Pavese








Sarà un volto chiaro.
S'apriranno le strade
sui colli di pini
e di pietra....
I fiori spruzzati
di colore alle fontane
occhieggeranno come
donne divertite: Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.


Primavera


10.4.13

Charles Baudelaire



La natura è un tempio dove vive colonne
lasciano a volte uscire confuse parole;
l’uomo vi passa attraverso foreste di simboli
che lo osservano con sguardi familiari.
Come lunghi echi che da lontano si fondono
in una tenebrosa e profonda unità,
vasta come la notte e come il chiarore,
i profumi, i colori e i suoni si rispondono.

Ci sono profumi freschi come carni di bimbi,
dolci come oboi, verdi come praterie,
e altri corrotti, ricchi e trionfanti,
che hanno l’espansione delle cose infinite,
come l’ambra, il muschio, il benzoino e l’incenso,
che cantano il trasporto dello spirito e dei sensi.





Marc Chagall





[Marc+Chagall+Birthday.jpg]


Birthday 1915 - Oil on cardboard
MoMa - New York




" I miei quadri parlavano forse di una visione del sogno, di una condizione che era al di fuori del soggetto e dell'occhio " 

M. Chagall

Anna Achmatova






Non so se sei vivo
o sei perduto per sempre,
se posso ancora cercarti nel mondo
o ti debbo piangere mestamente
come morto nei pensieri della sera.
Ti ho dato tutto: la quotidiana preghiera
e la struggente febbre dell’insonnia,
lo stormo bianco dei miei versi
e l’azzurro incendio degli occhi.
Nessuno mi è stato più intimo di te,
nessuno mi ha reso più triste,
nemmeno chi mi ha tradita fino al tormento,
nemmeno chi mi ha lusingata e poi dimenticata.



8.4.13

Emily Dickinson



Era come se le strade precipitassero
poi fu l'immobilità
Eclisse: tutto ciò che era dato di vedere alla finestra. 
Terrore: tutto ciò che provavamo. 
A poco a poco i più coraggiosi uscirono piano 
allo scoperto, per vedere se il Tempo c'era ancora
La natura indossava un grembiule d'opale, 
e impastava aria più pura...








David Grossman









...Io ormai non faccio più l'amore con lei, non è possibile definire i nostri rapporti "fare l'amore", comunque non è più come un tempo. Era così bello allora, prima che tutto cominciasse. Negli ultimi anni tra lui ed Elisheva si era stabilita un'intesa silenziosa, Shaul non ricorda nemmeno quando tutto questo fosse iniziato e si fosse trasformato in una specie di abitudine. Ora vanno a dormire come di consueto, con il solito sentimento di affetto dolce e apprensivo, leggono un po', si augurano la buona notte e si addormentano. A metà notte, però, verso le tre o le quattro, mentre sono completamente immersi nel sonno, si avvicinano l’uno all’altra a occhi chiusi, si abbracciano disperatamente, persino con violenza, come due estranei che si incontrano in un sogno. Rubano nel buio e vengono derubati, senza tenerezza, con una passione impetuosa. Gemono, graffiano, lucidi di sudore. Si sbranano a vicenda proprio per il fatto di sentirsi estranei. Poi si staccano, si addormentano profondamente e la mattina dopo non si dicono una parola su quanto è successo. Si scambiano solo un’occhiata rapida e imbarazzata, come se entrambi si rivedessero: due lupi che lottano, ringhiando e mugolando, per chi si accaparrerà il lembo più grande di piacere. C’è sempre un senso di colpa distorto in quell’occhiata, come se non avessero fatto l’amore. Poi seguono altre notti di nulla e all’improvviso si lanciano di nuovo l’uno contro l’altra nel sonno...

 

Col corpo capisco





4.4.13

Anaïs Nin







"E venne il giorno
in cui il rischio di rimanere chiuso in un bocciolo
divenne più doloroso del rischio di sbocciare"

Sylvia Plath






Viverla
come dono e disinganno
come premio e martirio
possessione ed estasi
viverla
come illusione e vacanza
come condanna e tormento
malattia e preghiera
semplicemente viverla
se non fosse che è lei
a rubarti la vita.




29.3.13

Emily Dickinson








Il presagio è quell'ombra che si allunga sul prato,
indice di tramonti,

ad avvertire l'erba sbigottita
che su lei presto scenderà la notte.



1863

Balthus


Ragazza che dorme - 1943



Balthazar Klossowsky de Rola nasce a Parigi il 29 febbraio 1908. Nel panorama artistico francese emerge la figura di questo pittore di origine polacca, chiamato Balthus. Cresciuto nel seno di una famiglia che aveva rapporti col mondo dell'arte, cominciò la carriera di pittore e illustratore come autodidatta, anche se Derain e Bonnard lo influenzarono molto direttamente.
Oggi in un clima di rivalutazione delle figure poste al margine dei movimenti dominanti, Balthus è considerato un artista importante ed è stato oggetto di molte mostre retrospettive. Nelle opere di questo artista si nota che le figure e la strutturazione dello spazio sono trattati alla maniera di Piero della Francesca o di artisti come Poussin e Coubert. Balthus ha dipinto numerose scene di interni, spesso con giovani adolescenti trattate con erotismo enigmatico.



27.3.13

Blaga Dimitrova




Ma viene l'attimo quando
alla porta bussa il Destino
con la tua stessa mano.

Non puoi non aprirgli.
E mette in fuga il silenzio
con la voce tua.

Quel che è scritto per te -
con calligrafia incerta
sarai tu stessa a scriverlo.

Se per paura lo cancelli,
cancellerai il tuo volto
con il gesto tuo.

Il Destino prende dimora in te.
E dove potrai fuggire, tu,
più lontano dalla tua pelle?



Il Destino

John Everett Millais





Mariana - 1851


Alessandro Baricco







C'era un uomo che partiva, viaggiava, e quando tornava, prima di lui arrivava un gioiello, in una scatola di velluto. La donna che lo aspettava apriva la scatola, vedeva il gioiello e allora sapeva che sarebbe tornato. La gente credeva che fosse un regalo, un prezioso regalo per ogni fuga. Ma il segreto era che il gioiello era sempre lo stesso. Cambiavano le scatole ma lui era sempre quello. Partiva con l'uomo, restava con lui ovunque andasse, passava di valigia in valigia, di città in città, e poi tornava indietro. Veniva dalle mani della donna e lì ritornava, esattamente come l'orologio ritornava nelle mani dell'Ammiraglio. La gente credeva che fosse un regalo, un prezioso regalo per ogni fuga. Invece era ciò che custodiva il filo del loro amore, nel labirinto di mondi in cui l'uomo correva, come un'incrinatura lungo un vaso. Era l'orologio che contava i minuti del tempo anomalo,e unico, che era il tempo del loro volersi. Tornava indietro prima di lui perchè lei sapesse che dentro colui che stava arrivando non si era spezzato il filo di quel tempo. Così l'uomo arrivava, infine, e non c'era bisogno di dir nulla, di chiedere nulla, nè di sapere. L'istante in cui si vedevano era, per tutt'e due, ancora una volta, lo stesso istante.



Castelli di rabbia
 

26.3.13

Alejandra Pizarnik







Qualcosa cadde nel silenzio.
La mia ultima parola fu io
ma mi riferivo all’alba luminosa.




Giuseppe Ungaretti




Guido Cagnacci - Maddalena svenuta 1663



I giorni e le notti
suonano
in questi miei nervi
d’arpa
vivo di questa gioia
malata di universo
e soffro
di non saperla
accendere
nelle mie
parole.


25.3.13

Amalia Guglielminetti










 
Dentro le vene la malinconia
s’insinua, ed è un morbo sonnolento
cui giova non trovar medicamento,
uno stupor di morbida follia.

Il desiderio più tenace svia


Sibilla Aleramo a Dino Campana







Chiudo il tuo libro, snodo le mie trecce, o cuor selvaggio, musico cuore…con la tua vita intera sei nei miei canti. Come un addio a me. Smarrivamo gli occhi negli stessi cieli, meravigliati e violenti con stesso ritmo andavamo,  liberi singhiozzando, senza mai vederci, né mai saperci, con notturni occhi. Or nei tuoi canti la tua vita intera è come un addio a me. Cuor selvaggio, musico cuore, chiudo il tuo libro, le mie trecce snodo.


25-7-1916




23.3.13

quelle lettere...










le storie d'amore difficili, sofferte. Gli amori non ricambiati. Il sublime nel formulare scritti, quando si tratta di due poeti...

Amalia Guglielminetti e Guido Gozzano.



Martedì  - 24 marzo 1908
Perché mi fate piangere, Guido, perché mi fate rimpiangere quel poco che v’ho dato di me?
Non dovevo venire con Voi quel giorno per soffrirne dopo, così, per vedermi tolta anche la piccola dolcezza di sentirvi qualche volta vicino.
E così poca cosa la vita e così breve per negarci qualche poco della sua bellezza per tormentarci volontariamente anche quella piccola parte di bene che ci concede?
Voi vi dite corazzato anzi insensibile ad ogni ferita. Io no, mio dolce Amico, o vi voglio bene e soffro crudelmente di sentirvi tanto lontano.
Mi pare di trovarmi più sola in quest’ombra grigia di banalità che ci circonda, sento d’aver smarrito qualche cosa di più leggero, di più chiaro, di più elevato, l’amico che mi comprende, il fratello che sogna i miei sogni e gioisce della mia gioia, la tenerezza che blandisce e riscalda il cuore.
Io non voglio che tu mi sfugga, Guido, io non voglio che tu mi segua di lontano come un estraneo, che tu mi riveda ancora un giorno lontano quando forse i miei capelli non saranno più tanto bruni e la mia bocca fresca e i miei occhi lucenti.
Lascia ch’io ti dica tu come un compagno, ch’io non senta fra noi il gelo di quella parola dura.
Io ti sono compagna ora senza tremori e senza fremiti, sorella della tua anima.
Io ti saprei baciare la fronte con un sorriso sereno come si bacia un bambino.
No, noi non abbiamo ancora sepolto nulla di noi stessi.
Io sono per te come il primo giorno che ti vidi, non sazia, né stanca, né oppressa dalla più piccola parte di te.
Sei nuovo e fresco al mio spirito come allora che m’eri ignoto.
Ogni tua parola è come una piccola luce che ti rischiara un momento
e ch’io guardo risplendere con gioia nuova ogni volta che tu parli.
E un senso strano ch’io non so dire, ma che non ho mai sentito per altri, una malia, quasi, che è credo, una occulta profonda fraternità, un oscuro legame spirituale che ci unisce anche nostro malgrado. Ma tu non provi questo fascino, lo so, poiché mi respingi dopo alcune ore di comune vita, mi allontani con un gesto che mi pare un urto di disdegno.
Forse io non sono stata con te, quel giorno, quella della tua attesa.
(Amalia Guglielminetti)


30 marzo 1908
Rileggo ogni giorno la tua lettera, mia buona Amalia, con una grande malinconia. E indugio nella risposta, preso da un’indolenza dolorosa: forse perché non so bene come dirti…Da molti giorni sono in casa ed ho l’anima morbosamente assopita, incerta di tutto come in un sogno. Penso a tante cose, sopra tutto, avvenire; e penso anche a te, con molta tenerezza e con molta serenità.Sento in fondo all’anima una specie di fiera tristezza, per aver saputo essere crudele con me e forse — perdonami — anche un po’ con te…Io provo una soddisfazione speciale quando rifiuto qualche bella felicità che m’offre il Destino. E quale felicità, Amica mia!Il nostro amore che sarebbe fiorito con tutti i fiori della primavera torinese! (così dolce per l’esule che ritorna!) anche la stagione sarebbe stata propizia alla nostra follia! E quanti mesi di serenità, di sole, di profumo! E quanti sogni! Avremmo voluto pellegrinare la nostra passione in tutti i dintorni favorevoli al sentimento: quanti sogni! Io li ho già sognati tutti e t’ho già vista in tutti: con a sfondo i paesi sconosciuti, le viuzze di provincia dove si sarebbe delineata al mio fianco la tua svelta parigina figura primaverile. Io non vedrò le tue vesti nuove. Sarò lontano, solo, con la mia ambizione taciturna: una compagna ben più crudele della tua malinconia… Perché non confessartelo, mia buona sorella? L’ambizione da qualche tempo mi artiglia in un modo atroce.Non sento non vedo non godo non soffro di altro.Come puoi tu, che pure hai tra le mani i germi di mille speranze e segni la stessa mia via, come puoi rivolgere ancora le forze della tua giovinezza verso altri destini? Per me, camminando diritto, con l'occhio fisso alla mia meta lontana (o quanto!) tutto è secondario e trascurabile: gioie e dolori: tutto, perfino la tua bellezza sulla quale mi sono chinato un istante, come su un fiore, al margine del sentiero, ma dalla quale mi separo tosto, perché arresterebbe di troppo il mio passo tranquillo…Ah! Se io potessi darti una parte soltanto di questo mio orgoglio latente, anche il dolore che tu dici di avere in te impallidirebbe e l’amore ti apparirebbe qual è: un inganno della giovinezza e un episodio trascurabile in un destino come il mio e come il tuo. E mai come in questi tempi che tale smania mi fa soffrire, ho avuto tanto disprezzo per le mie attitudini artistiche e ho tanto sentito la necessità di affinarle con lo studio, con la meditazione, col silenzio. Tu hai ancora l’avidità di cogliere fiori e di godere l’ora che passa: per me anche la lusinga del piacere mi è intollerabile come un ostacolo sul mio sentiero. Amalia, mio buon amico, quante di queste cose t’avrei detto e ti vorrei dire se tu non fossi giovine e bella!  Ma hai degli occhi luminosi ed una bocca tentatrice ed è impossibile starti vicino senza diventare irriverenti con te come con una crestaia od una cortigiana qualunque… Ho rilette queste sei pagine, amica mia: oimé! Parlo, parlo, e, sopra tutto, ragiono: quanto devo farti soffrire! E anche sdegnare. Perdonami.Perdonami. Ragiono, perché non amo: questa è la grande verità. Io non t’ho amata mai. E non t’avrei amata nemmeno restando qui, pur sotto il fascino quotidiano della tua persona magnifica; no: avrei goduto per qualche mese di quella piacevole vanità estetico-sentimentale che dà l’avere al proprio fianco una donna elegante ed ambita. Non altro. Già altre volte l’ho confessata la mia grande miseria: nessuna donna mai mi fece soffrire; non ho amato mai; con tutte non ho avuto che l’avidità del desiderio, prima, ed una mortale malinconia, dopo…Ora con te, che sei il più eletto spirito femminile ch’io abbia incontrato mai, e con te che dici di amarmi, sono stato sempre e voglio essere ancora sincero: non ti amo. E la risoluzione più leale da parte mia è il distacco. Partirei pur non dovendo partire. Invece il Destino è propizio: m’impone l’esiglio anche per altre cause ch’io tolgo a pretesto.Rivederci? A che scopo? Un colloquio di più nulla aggiungerebbe (o sottrarrebbe forse) alla fraterna benevolenza che noi dobbiamo portare l’uno dell’altro.
Addio, mia buona amica! Ti bacio.
(Guido Gozzano)






30 marzo 1908 – risposta immediata
Caro Amico, vi pensavo più buono di quanto vi dimostrate. Credevo di meritare almeno una parola di risposta se vi pareva troppa concessione accordarmi una visita come vi chiedevo. Un’amicizia come la nostra non deve morire così fra la vostra indifferenza inerte e la mia esasperata tristezza.Perché io non credo possibile per Voi e per me una fedeltà che resista alle lontananze e agli oblii. Siamo entrambi troppo egoisti per i culti essenzialmente spirituali. Mi costringete a mendicare dagli amici vostri le vostre notizie con parola leggera e anima febbrile.Mi costringete a mendicare da Voi una condiscendenza che non dovrebbe esservi grave.E mi è duro, sapete, curvarmi così. Vorrei parlarvi di cosa che non posso affidare a una lettera. V’aspetterò a casa mia mercoledì fra le quattro e le cinque, o, se preferite un luogo aperto, giovedì alle tre e mezza laggiù a’ piedi della collina dove già v’ho atteso una volta soffrendo.Non rispondetemi se vi pesa, ricordate solo ch’io v’aspetterò con intenso desiderio, e che vi prego di venire.
……………………….

Stamani io scrivevo questo mentre tu forse aggiungevi per me tristezza a tristezza nello otto pagine della tua lettera.
Non distruggo e non disdico il mio biglietto.
Ho troppa sete di te per saziarmi delle tue parole amare.
Non è vero ch’io abbia cose segrete a dirti, era una menzogna per indurti a venire.
Porta pure con te la tua ambizione, la tua freddezza, la diffidenza che hai verso di me.
Sarà meglio, forse mi guarirai; ma non inasprire ancora il mio male con un rifiuto.
Se anche non mi ami perché vuoi ch’io ti perda?
Perché vuoi farmi sentire così nera così crudele la mia solitudine, così completo il mio isolamento?
Ah! la gloria, Guido, come ne sogghigno!
Io non so come tu possa amare sognare darti a una così vacua cosa.
Io voglio più bene a te che alla gloria, quella non mi farà mai piangere né aspettare in ansia.
(Amalia Guglielminetti)



Poesia

Un addio

Folle è lasciarci, tutti accesi ancora
di desiderio, ancor pronti a godere
di tutto ciò che l'un dell'altro ignora.

La volontà che tiene prigioniere
le nostre giovinezze le flagella,
per farle in solitudine tacere.

Ma più le volge incitatrice a quella
gioia non mai gioita, che la morte
pur ci farebbe nel suo riso bella.

Più dolce sorte è la comune sorte :
darsi con umiltà l'un l'altro, ciechi.
Abbandonarsi al vortice più forte

e dirsi dopo un breve addio, senz'echi.

Amalia Guglielminetti



  
il quadro centrale è di A.Alciati - Il Convegno

22.3.13

Ambrogio Alciati





Il Convegno - 1918



John Donne







Rimandami i miei occhi vagabondi,
che troppo son rimasti su di te,
ma se da te hanno appreso qualche vizio,
affettazioni, false passioni,
e me li hai resi buoni a distinguere
più un accidente, allora tienli pure.

Rimandami anche il cuore mio innocente,
che non aveva macchia di bassezza,
ma se dal tuo dovesse aver appreso
a far giochetti scuse e trucchetti,
a imbrogliare parole e impegni
tientelo pure: non è roba mia.

Ma sì, mandami indietro cuore ed occhi,
ch’io sappia e veda quanto sei bugiarda,
e goda e rida mentre tu ti stai struggendo
e tormentando per qualcun’altro
che non ti fila, o si dimostra falso come te.









20.3.13

Alfonsina Storni




 
Denti di fiori, cuffia di rugiada,
mani di erba, tu, dolce balia,
tienimi pronte le lenzuola terrose
e la coperta di muschio cardato.

Vado a dormire, mia nutrice, mettimi giù.
Mettimi una luce al capo del letto
una costellazione; quella che ti piace;
tutte van bene; abbassala un pochino.

Lasciami sola: ascolta erompere i germogli...
un piede celeste ti culla dall'alto
e un passero ti traccia un percorso

perché dimentichi... Grazie. Ah, un incarico
se lui chiama di nuovo per telefono
digli che non insista, che sono uscita...