17.3.13

Edna St.Vincent Millay



Viene descritta come una donna affascinante, ricca di talento, appassionata di teatro  e ottima attrice, libera pensatrice e pianista sensibile, affascinante seduttrice e femminista convinta. I versi di Edna venivano letti in tutte le università degli Stati Uniti e apprezzati da molti letterati dell'epoca con i quali la poetessa aveva stretto amicizia.
Insignita del Premio Pulitzer nel 1922, premio mai assegnato prima ad una donna, Edna voleva diventare "un poeta serio" e per più di quarant'anni ella scrisse con passione opere di ogni genere tra problemi sociali e difficoltà personali con un linguaggio ironico capace di avvicinarsi ai toni della satira violenta come a quelli romantici. "Tra breve ti scorderò, mio caro" è dunque la storia di una ragazza che possiede un talento naturale per la poesia. Nata nel 1892, cresce in una famiglia per quel tempo molto anticonformista, con una madre intelligente e aperta ai problemi delle tre figlie; sarà lei ad incoraggiare per prima la vocazione della figlia. Edna cresce anticonformista e curiosa e si sente spesso oppressa dal luogo in cui vive, ma un giorno, dopo aver acquisito una certa notorietà con le sue prime pubblicazioni, riesce a partire e raggiungere New York. Bella, affascinante, passionale, è senza dubbio una donna libera e indipendente. Irrequieta e sfortunata nei rapporti amorosi, è desiderosa di continui cambiamenti che la conducono in Europa e poi nuovamente negli Stati Uniti.
Seguono per lei anni difficili. Si ammala e diventa più fragile e bisognosa di cure e attenzioni che, fortunatamente, trova in Eugen Jan Boissevain che sposa nel 1923.
Si trasferisce con il marito a Steepleton, nello stato di New York, e si impegna politicamente nella questione degli anarchici Sacco e Vanzetti, ma l'esito infelice del suo impegno e le critiche che le arrivano da uomini politici e da alcuni intellettuali la scoraggiano; per un certo periodo, quindi, si ritira a comporre, apparentemente paga della sua poesia e del suo matrimonio.
Ma questo periodo dura poco e presto arriva una nuova ventata di passione, nelle vesti di un ventenne poeta, del quale si innamora e al quale dedica vibranti liriche d'amore. Passa il tempo ed Edna, colpita da nuovi problemi di salute, ritorna al marito, alla morfina e all'alcool. La sua fine, in un certo senso spettacolare, non sarà diversa da come è stata la sua vita.

Ribelle e anticonformista, diventa popolare negli anni Venti tra i giovani newyorkesi del Greenwich Village per i suoi versi contro le convenzioni morali e inneggianti alla libertà personale. Qualche fico nei cardi (1920) è la raccolta dal tono bohémien che le dà in quegli anni un grande successo. Donna dall’intelligenza acuta e autonoma, dalla personalità spiccatamente anticonvenzionale, Edna dedica buona parte dei suoi testi lirici all’amore, ma con un’imprevedibile e spiritosa vena d’autoironia.






Cosa sarai mai tu, che ti desidero,
Da rimanere insonne
Tante notti quanti i giorni
A piangere per te?
Cosa sarai mai tu che, che se mi manchi,
nell'intreccio dei giorni
Io resto sempre intenta al vento
E fissa alla parete?
Conosco un uomo di migliore tempra
e almeno venti altrettanto gentili,
Che cosa sarai mai tu, per essere 
Il solo uomo nella mia mente?
Tuttavia i sentimenti delle donne sono stupidi,
Come ogni saggio potrà dire, -
E chi sono io, che dovrei amare
Così saggiamente e così bene.


Il filosofo

Banana Yoshimoto


composizione fotografica Tim Walker




Sai, a dormire accanto a delle persone così stressate, regolando il mio respiro su quello del loro sonno, forse finisco con l'assorbire tutto il buio che hanno dentro. A volte, mentre mi dico che non mi devo addormentare, mi capita di appisolarmi leggermente e di fare dei sogni paurosi, surreali. Sogno di essere a bordo di una nave che sta affondando, di perdere delle monete che avevo raccolto, o sogno il buio che entra dalla finestra e mi soffoca... Mi sveglio col cuore in gola, spaventata. Si, ho proprio paura. E guardando la persona che dorme accanto a me, penso: Ma certo, quello che ho appena visto è il suo paesaggio mentale. E se penso a che visione desolata, dolorosa e brutale, quella persona porta dentro...ho paura.


Sonno Profondo

Emily Dickinson








 Ci abituiamo a poco a poco al buio
quando la luce è scomparsa ai nostri occhi,
come quando il vicino tiene in mano
il lume, testimone del suo addio.
Per un momento camminiamo incerti,
la novità della notte ci avvolge,
poi la visione si adatta alle ombre
ed avanziamo ritti sul sentiero.
Così accade in tenebre più vaste,
in quelle notti della nostra mente
quando a svelare un segno non c'è luna,
né sorge alcuna stella dentro l''anima.
I più audaci vanno un po' a tastoni,
e sbattono talvolta con la fronte
contro un albero, colpendolo in pieno.
Ma non appena imparano a vedere
o la tenebra non è più la stessa,
o qualcosa si aggiusta nella vista
adeguandosi alla notte fonda,
e la vita procede quasi dritta.



14.3.13

Alfonsina Storni







Potrebbe essere che ciò che nel verso ho sentito
Non fosse altro che ciò che mai ha potuto essere,
Non fosse altro che qualcosa di vietato e represso
Di famiglia in famiglia, di donna in donna.
Dicono che nei solari della mia gente, era indicato
tutto quello che si doveva fare...
Dicono che le donne della mia casa materna
fossero silenziose... Ah, bene poteva essere...
A volte in mia madre spuntarono desideri
di liberarsi, ma le saliva agli occhi
un'onda di amarezza, e nell'oscurità piangeva.
E tutto questo travaglio, vinto, mutilato,
Tutto questo stava racchiuso nella sua anima,
Penso che senza volerlo, io l'ho liberato.





12.3.13

Alessandro Baricco







..."Eppure, per quanto indubitabilmente sia meravigliosa la luce della sera, c'è qualcosa che ancora riesce ad essere più bello della luce della sera, ed è per la precisione quando, per incomprensibili giochi di correnti, scherzi di venti, bizzarrie del cielo, sgarbi reciproci di nubi difettose, e circostanze fortuite a decine, una vera collezione di casi, e di assurdi - quando, in quella luce irripetibile che è la luce della sera, inopinatamente, piove. C'è il sole, il sole della sera, e piove. Quello è il massimo. E non c'è uomo, per quanto limato dal dolore o sfinito dall'ansia, che di fronte a un'assurdità del genere non senta da qualche parte rigirarsi un'irrefrenabile voglia di ridere.
Poi magari non ride, veramente, ma se solo il mondo fosse un sospiro più clemente, riuscirebbe a ridere. Perche è come una colossale e universale gag, perfetta e irresistibile. Una cosa da non crederci. Perfino l'acqua, quella che ti casca sulla testa, a minute gocce prese di infilata dal sole basso sull'orizzonte, non sembra neanche acqua vera. Non ci sarebbe da stupirsi se ad assaggiarla si scoprisse che è zuccherata. Per dire. Comunque acqua non regolamentare. Tutt'una generale e spettacolare eccezione alle regole, una grandiosa presa per il culo di qualsiasi logica. Un'emozione. Tanto che tra tutte le cose che poi finiscono per dare una giustificazione a questa altrimenti ridicola abitudine di vivere certo figura anche questa, in cima alle più nitide, alle più pulite: esserci, quando in quella luce irripetibile che è la luce della sera, inopinatamente, piove. Almeno una volta, esserci..."



Castelli di Rabbia

11.3.13

Emily Brontë








Non dovresti conoscere la disperazione
se le stelle scintillano ogni notte;
se la rugiada scende silenziosa a sera
e il sole indora il mattino.
Non dovresti conoscere la disperazione,
seppure le lacrime scorrano a fiumi:
non sono gli anni più amati
per sempre presso il tuo cuore?
Piangono, tu piangi, così deve essere;
il vento sospira dei tuoi sospiri,
e dall’inverno cadono lacrime di neve
là dove giacciono le foglie d’autunno;
pure, presto rinascono, e il tuo destino
dal loro non può separarsi:
continua il tuo viaggio, se non con gioia,
pure, mai con disperazione.



10.3.13

Anaïs Nin





Uno vive così, protetto, in un mondo delicato, e crede di vivere.
Poi legge un libro, L’amante di Lady Chatterley, per esempio, o fa un viaggio, [...] scopre che non sta vivendo, che è ibernato.
I sintomi dell’ibernazione sono facili da individuare:
primo: inquietudine, secondo: quando l’ibernazione diventa pericolosa e può degenerare nella morte: assenza di piacere. Questo è tutto.
Sembra una malattia innocua. Monotonia, noia, morte.
Milioni di uomini vivono in questo modo, o muoiono in questo modo, senza saperlo. Lavorano negli uffici. Guidano una macchina. Fanno picnic con la famiglia. Allevano bambini.
Poi interviene una cura “urto”, una persona, un libro, una canzone, che li sveglia, salvandoli dalla morte.

I diari







9.3.13

Erica Jong




la schiava migliore non ha
bisogno d’esser picchiata.
Si picchia da sè.
Non con una frusta di cuoio,
o con bastoni e verghe,
non con un randello
o con un manganello,
ma con la frusta fine
della sua stessa lingua
e il battere sottile
della sua mente
contro la sua mente.
Chi può infatti nutrire per lei metà
dell’odio che nutre essa stessa?
e chi può eguagliare la finezza
degli insulti che si rivolge?
Anni di allenamento
occorrono per questo.
Venti anni
di auto-indulgenza
e negazione di sè;
finchè il soggetto si ritiene una regina
e pure una mendicante-
le due cose allo stesso tempo.
Deve dubitare di sè
in tutto fuorchè l’amore.
Deve scegliere appassionatamente
e malamente.
Deve sentirsi perduta come un cane
senza il padrone.
Deve riferire tutte le questioni morali
al proprio specchio.
Deve innamorarsi di un cosacco
o di un poeta.
Non deve mai uscire di casa
se non celata sotto il trucco.
Deve portare scarpe strette
perchè sempre ricordi di essere schiava.
Non deve dimenticare
che è radicata nel terreno.
Benchè sia svelta nell’apprendere
e riconosciuta intelligente
il dubbio che istintivamente ha di sè
la deve rendere così debole
che si applica brillantemente
a mezza dozzina di opere d’ingegno
e così abbellisce
ma non cambia
la nostra vita.
Se è un’artista
e quasi quasi è un genio,
il fatto stesso d’avere questo dono
deve riuscirle così penoso
che si toglie la vita
piuttosto che vincerci.
E dopo la sua morte, piangeremo
e ne faremo una santa.











6.3.13

Alessandro Baricco






..."Non è che la vita vada come tu te la immagini. Fa la sua strada. E tu la tua. Io non è che volevo essere felice, questo no. Volevo... salvarmi, ecco: salvarmi. Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri. Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente: il dovere, l'onestà, essere buoni, essere giusti. No. Sono i desideri che salvano. Sono l'unica cosa vera. Tu stai con loro, e ti salverai. Però troppo tardi l'ho capito. Se le dai tempo, alla vita, lei si rigira in un modo strano, inesorabile: e tu ti accorgi che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti del male. E' lì che salta tutto, non c'è verso di scappare, più ti agiti più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci. Non se ne esce. Quando era troppo tardi, io ho iniziato a desiderare. Con tutta la forza che avevo. Mi sono fatta tanto di quel male che tu non puoi nemmeno immaginare"...



Oceano Mare

Pierre Auguste Renoir




Young Woman in Blue Going to the Conservatory




Vincent Van Gogh


Field of Poppies




Toulouse Lautrec


Green



Alain Delon & Romy Schneider





Lettera di addio, Alain Delon (1982)

Ti guardo mentre dormi. Sono accanto a te, sono al tuo letto di morte. Indossi una lunga tunica, nera e rossa, con un ricamo sulla parte superiore. Credo che siano fiori, ma non indugio troppo a osservarli. Ti dico addio, il più lungo di tutti gli addii, bambolina mia. Così ti ho sempre chiamata: Bambolina. Non perdo tempo a guardare i fiori, guardo il tuo viso e penso che tu sia bella e che non lo sia mai stata così tanto come in questo momento. Penso anche che è la prima volta in vita mia che ti vedo quieta e serena. Si potrebbe dire che una mano delicata abbia lavato via dal tuo viso le tue paure e i tuoi dissidi.
Ti guardo mentre dormi. Mi si dice che tu sia morta. In che modo ne sono colpevole io? ...Ci si pone sempre questa domanda davanti a qualcuno che si è amato e si ama ancora. Questa emozione ci sommerge, poi torna indietro e alla fine ci si convince che tutto sommato non si è colpevoli. Non colpevoli ma comunque responsabili. Ecco. Lo sono anch'io. E' a causa mia che la notte scorsa il tuo cuore ha cessato di battere. A causa mia, perchè 25 anni fa fui scelto per essere il tuo partner in "Christine". .....

5.3.13

Emily Dickinson








Contenute in questa breve Vita
Sono magiche estensioni
L’anima vi torna dolce di notte
Per sgattaiolarne poi più salda
Come i Bambini tenuti molto a freno
Si dirigono prestissimo al mare
I cui Abissi senza nome si dileguano
Accanto all’infinito


Mike Worrall img

Toulouse Lautrec





Cristina Rossetti









Tu ricordami quando sarò andata
lontano, nella terra del silenzio,
né più per mano mi potrai tenere,
né io potrò il saluto ricambiare.


Ricordami anche quando non potrai

giorno per giorno dirmi dei tuoi sogni:
ricorda e basta, perché a me, lo sai,
non giungerà parola né preghiera.

Pure se un po' dovessi tu scordarmi
e dopo ricordare, non dolerti:
perché se tenebra e rovina lasciano
tracce dei miei pensieri del passato,
meglio per te sorridere e scordare
che dal ricordo essere tormentato.





4.3.13

Emily Dickinson








Il mio bozzolo è stretto, mi chiamano i colori,
e sto cercando l'aria.
Già un'oscura capacità di ali
mi fa spezzare l'abito che indosso.

La potenza della farfalla è in questa
attitudine al volo,
che le concede prati di maestà
ed i volteggi facili nel cielo.

E devo tormentarmi nel presagio
e decifrare il segno
e commettere errori, se alla fine
io troverò la mia chiave divina.






1.3.13

Cléo de Mérode


 

  
Cléopatra Diane de Mérode, famosa con il nome d'arte di Cléo de Mérode (Parigi 27 settembre 1875 - Parigi 17 ottobre 1966), è stata una ballerina francese.
Di nobile nascita, figlia della baronessa austriaca Vincentia de Mérode e di un nobile viennese che volle mantenere l'anonimato, fu avviata alla danza in giovane età presso la scuola dell' Operà National de Paris, dimostrando buona attitudine alla disciplina. Il suo debutto avvenne appena undicenne. 



In breve il successo le arrise, e la sua bellezza e grazia divennero un solido punto di riferimento per le donne francesi, che ne imitarono stile e modo di vestire.

Giovanni Boldini, Cléo de Merode - 1901


A soli 22 anni è già la stella del Grand Opéra di Parigi, la modella preferita di Nadar, Giovanni Boldini e Toulouse-Lautrec.  Scandalizzando la Parigi della Bella Epoque si esibisce al Folies Bergère e posa per lo scultore Alexandre Falguière, che la ritrae nuda e danzante a grandezza naturale. Il suo guardaroba è stato creato da Doucet, il più grande couturier del tempo. Leopoldo II re del Belgio la insegue ovunque, diventando lo zimbello della stampa europea che lo ribattezza Cleopold. Clèo, divenne per l' opinione pubblica la bellissima concubina del re, pagando a caro prezzo quello " stato di grazia " . Nemmeno quando la relazione si concluse potè liberarsi dal nomignolo che le avevano affibbiato nè dalla credenza diffusa che le sue amicizie e non il naturale talento, le avessero permesso di diventare l ' artista che era . Frattanto il mito della sua bellezza ne aumentava il successo in patria. Non solo in Francia ma anche in Austria, Belgio e Germania, paesi di cui era originaria la famiglia, non si parlava d ' altro che dell ' affascinante Cleopatra Europea.  Nel 1926 ebbe il primo ruolo cinematografico in una pellicola dal titolo "Frauen der Leidenschaft" al fianco dell ' attrice e sceneggiatrice americana Fern Andra .

 
Alfredo Muller - Cleo De Merode - 1895

La sua immagine su cartoline, pubblicità, calendari e riviste è diventata un vero e proprio feticcio. Ad accompagnarla in tourné negli Stati Uniti c’è l’inseparabile madre. E’ lei che le insegna a dosare candore verginale e spudoratezza, seduzione e negazione, eleganza e libertà dagli schemi. Tuttavia non abbandonò mai la danza, vero ed unico amore della sua vita, poco prima dei cinquantanni, si ritirò dalla scena pubblica; morì il 17 ottobre del 1966 all ' età di 91 anni .

Marilyn Monroe




Di tanto in tanto
faccio delle rime
ma non prendetevela
con me.
All'inferno, so benissimo
che non si vende;
quel che voglio dire
è quel che ho in testa.
Dipingere i piatti
dipingere i desideri
con i pensieri
che volano via
prima che muoia
e pensare
con l'inchiostro.


Quel che ho dentro nessuno lo vede
ho pensieri bellissimi che pesano
come una lapide.
Vi supplico, fatemi parlare!


Sono orribile
ma datemi tempo
mi truccherò la faccia
ci metterò sopra
qualcosa di splendente
e sarò di nuovo
Marilyn Monroe.
   
 Trentacinque anni vissuti con un corpo estraneo
trentacinque anni
con i capelli tinti
trentacinque anni
con un fantoccio.
Ma io non sono Marylin
io sono Norma Jean Baker
perché la mia anima
vi fa orrore
come gli occhi delle rane
sull' orlo dei fossi?


Non piangere bambola mia
ora ti prendo e ti cullo nel sonno...
Aiuto, aiuto,
aiuto, sento la vita avvicinarsi
mentre
tutto quello che voglio è morire.
(Morirei se potessi)


Come son belli
quegli uccelli che volano.
Perché li uccidono?
Un uccello non ha scampo
quando vola.
E' crudele uccidere chi
non ha scampo.


Il mio involucro invecchia
ma io devo ancora nascere.


sono alcuni stralci tratti da "Paralleli", "Marilyn" - anno 2° - n. 8 - edit.Domus - 1992


Alda Merini











e se diventi farfalla
nessuno pensa più a ciò che è stato
quando strisciavi per terra
e non volevi le ali...




Jonh Keats







Non posso esistere senza di te.
Mi dimentico di tutto tranne che di rivederti:
la mia vita sembra che si arresti lì,
non vedo più avanti.
Mi hai assorbito.
In questo momento ho la sensazione come di dissolvermi:
sarei estremamente triste senza la speranza di rivederti presto.
Avrei paura a staccarmi da te.
Mi hai rapito via l'anima con un potere cui non posso resistere;
eppure potei resistere finché non ti vidi;
e anche dopo averti veduta mi sforzai spesso di ragionare
contro le ragioni del mio amore.
Ora non ne sono più capace.
Sarebbe una pena troppo grande.
Il mio amore è egoista.
Non posso respirare senza di te.


27.2.13

Sibilla Aleramo











Io sono già fuori dalla vita.
Anche se piango ancora.




                                                                                     
Sibilla Aleramo